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Ynis Afallach Tuath

IL DISCO DI NEBRA
Venerdì, 22 Febbraio 2008 - 13:33 - 2516 Letture
Articoli vari http://www.ynis-afallach-tuath.com/nebra.jpg

Esiste un settore dell'archeologia che si chiama "archeoastronomia". Essa studia le conoscenze astronomiche dei popoli antichi attraverso i reperti.

Ma ne esiste uno, importantissimo reperto, che unisce in se elementi che nell'area del Mediterraneo ed europea si trovano sempre rappresentati in modo separato o al massimo con due elementi. In questo importantissimo reperto, detto il "Disco di Nebra", troviamo TUTTI gli elementi astronomici che avevano una importanza religiosa o anche pratica per i popoli della storia dell'uomo a.c.

Questo disco fu trovato nella foresta di Mitellberg della Germania dell'Est, vicino Nebra (a pochi chilometri da Berlino). Coloro che lo strapparono alle profondità della terra in cui era sepolto insieme a due spade e pochi altri oggetti, risalenti all'età oscura del bronzo, forse come corredo funerario di qualcuno, furono dei saccheggiatori di tombe con un metal detector, i quali poi misero l'oggetto in vendita al mercato nero: le immagini fotografiche del disco giunsero ad un archelogo di nome Heller, direttore del museo dell'Età del Bronzo di Halle (dove oggi si trova l'oggetto), che notata l'importanza archeologica del reperto, riuscì a recuperarlo e a far arrestare i saccheggiatori.

Il reperto fu minuziosamente studiato sia da lui che da Schlosser (quest'ultimo per verificarne con tecniche scentifiche la datazione, la provenienza del metallo con cui era fatto e che non fosse un falso). Il disco si rivelò essere vero, databile intorno al 1600 a.c. e quindi il più antico oggetto di osservazione e codificazione del cosmo che l'uomo avesse mai fatto. La cosa sensazionale è che questo oggetto non è stato creato dalle civiltà allora più evolute degli egizi, o dei cretesi, o medioorientali, ma bensì dai selvaggi abitanti delle foreste centro europee del tempo, che nulla o poco, a parte degli oggetti in rame e bronzo, hanno lasciato di sè: difatti dall'esame scentifico del rame di cui è fatto, questo risulta provenire proprio dai territori dove il disco è stato trovato.

I motivi per cui gli archeologi sospettarono inizialmente che fosse un oggetto che era arrivato lì dal mediterraneo orientale e non creato sul posto furono vari: innazitutto perchè la linea curva in basso è stata codificata coma la nave solare che troviamo sia nei culti egizi che poi disegnata su certi monoliti nordeuropei, ma restando sempre di origine egizia. Poi il sospetto si é accresciuto per il raggrupamento di stelle che si nota in alto a destra: lo stesso disegno è stato trovato in raffigurazioni babilonesi e sta a rappresentare la costellazione delle Pleiadi. Questa costellazione era molto importante per i popoli antichi poichè sorgeva a marzo e tramontava ad ottobre, ovvero restava nel cielo notturno per tutto il periodo della stagione agricola e quindi la sua collocazione nel cielo era un importante metro di misura del tempo agricolo e quindi dei lavori agricoli di semina, crescita e raccolto.

L'esame scientifico del rame ha definitivamente sfatato che il disco fosse di origine mediterranea, ma c'è anche un'altro elemento: come si vede sulla destra e sulla sinistra lungo il bordo del disco, si trovano due fasce curve (una è priva della fascetta d'oro, poichè è andata persa, ma è rimasta l'impronta). Se giriamo la fascia senza doratura di sinistra verso il Nord, indica l'orizzonte legato al tramonto del sole e quindi la notte, mentra l'altra fascia, quella con copertura d'oro sulla destra, indica l'Est e quindi l'alba: le sue due estremità indicano i punti dell'orizzonte dove avviene il solstizio d'estate e quello d'inverno. In generale, le due porte solstiziali, tracciando da esse nell'orizzonte della terra due linee che convergono verso il sole, formano con esso un angolo diverso a seconda della parte del mondo considerata. Nel luogo di ritrovamento del disco l'angolo è di 80° e allo stesso modo, se tracciamo le due linee dalle estremità della fascia curva dorata sul bodo di destra del reperto convergendo verso il disco solare rappresentato al centro del reperto, formiamo esattamente un angolo di 80°, per cui questo è un'altro motivo che fa supporre che il disco è di fattura dell'uomo che viveva in quei luoghi nell'età del bronzo, il quale, evidentemente e a dispetto di quanto si pensava culturalmente al suo riguardo, aveva invece conoscenze matematiche per riuscire a calcolare con tale precisione l'angolo solstiziale (anche se non manca chi ipotizza che non sono stati quegli uomini ma un sapiente di origine mediterranea-orientale in viaggio in quei luoghi o con il quale erano entrati in contatto per motivi commerciali a farglielo).

Il disco quindi contiene in se il Sole (alcuni però dicono che è la Luna Piena), il quale viaggia nella barca solare attraverso la notte per sorgere all'alba e portare vita e calore; poi troviamo la Luna, simbolo magico e simbolo dello scorrere del tempo, che influenzava le maree ed elemento di trasformazione perpetua delle cose; vi vediamo rappresentate le Pleiadi, importante metro di misura per i cicli del periodo agricolo; infine vi sono indicati gli orizzonti e l'angolo dei solstizi: tutto questo in un solo oggetto, il primo reperto, come risulta dalle datazioni, che nella storia dell'uomo fosse uno strumento astronomico (e quindi anche religioso poichè le due cose erano legate per i popoli antichi) e l'unico nella storia antica che contenesse in se tutti gli elementi astronomici che invece erano rappresentati da altri popoli sempre in modo separato.

La notizia eccezionale è che questo ritrovamento così antico è stato compiuto nel luogo in cui al tempo viveva una delle civiltà considerate più selvagge non ancora sviluppate: questo ci dimostra che invece essi avevano una chiara percezione dei cicli del tempo, che avevano saputo codificarli in un importante oggetto religioso con il quale hanno tramandato questa codifica ai posteri in una suggestiva ed esaustiva rappresentazione visiva.

di
Lady Niviene

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