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Ynis Afallach Tuath

Il melograno e la zucca
Venerdì, 28 Novembre 2008 - 08:09 - 19930 Letture
Ciclo dell'Anno Con questo breve articolo ho pensato di approfondire cosa si nasconda dietro ai due simboli principali della festa di Samhain, legata all’altro mondo e al regno le cui porte si spalancano in questa notte così sacra e misteriosa.

La melagrana

Dal punto di vista botanico, la melagrana (in greco: rhoa, in latino: punica granatum ) è una pianta coltivata da molto tempo in una zona che si estende dal Punjab, in India, ai territori a sud del Caucaso; fin dall’antichità si è diffuso in tutta l’Asia Minore e poi nei paesi del Mediterraneo.
Probabilmente venne diffusa dai Fenici, introdotta nelle zone calde sia come albero da frutto che come pianta medicinale. I suoi numerosi semi racchiusi in una polpa succosa alludevano alla fecondità, mentre l’intero frutto era il simbolo di Dee come Astarte ( di origine fenicia ), di Demetra e Persefone ( Cerere e Proserpina), di Afrodite ( Venere ) e di Atena.

Il melograno o l’eterno ritorno

Come ci spiega Alfredo Cattabiani nel “Florario” , tutt’oggi nel Santuario di Santa Maria del Granato a Capaccio Vecchio, in provincia di Salerno, si venera una Vergine col Bambin Gesù che tiene nella mano destra una melagrana, come fosse uno scettro: è la Madonna del Granato. Come vedremo successivamente, anche nell’iconografia cristiana questo frutto ha un significato particolare. Nel museo di Paestum è ancora conservata, invece, una statua arcaica, forse del VII secolo a.C. raffigurante la Dea Era con un bimbo in braccio nell’atteggiamento di “colei che nutre” e anch’essa regge questo frutto nella
mano destra. Nello stesso museo un’altra statua arcaica di terracotta rappresenta un’altra dea non bene identificata seduta su un trono e con lo stesso frutto.
Anche nel museo di Napoli, ci dice Cattabiani, sono custodite alcune statuette di kourotrofoi con la melagrana, di tarda epoca ellenistica, che provengono da Capua.
Anche Pausania aveva descritto una statua di Era in Argo, rappresentata sul trono, con in capo una corona dove erano scolpite le Cariti e le Ore, con in una mano la melagrano e nell’altro lo scettro. Lo scrittore non volle spiegare cosa significasse il frutto.
Anche altre Dee vennero rappresentate con il melograno: Atena, protettrice di Atene, Dea vittoriosa; Afrodite a Cipro ( dove avrebbe piantato per la prima volta la pianta ), e poi Core-Persefone, Signora degli Inferi e delle piante.
Presso i latini questo frutto era chiamato malum punicum, ovvero melo fenicio, poiché si diceva che provenisse da quella zona dove una mitica Sìde ( altro nome greco del frutto ) era considerata un’eroina fondatrice di Sidone.

I miti arcaici della melagrana

Il melograno era un attributo della Grande Madre, la regina del Cosmo, nel duplice ruolo di Colei che dà la vita e Colei che dà la Morte; quindi, la melagrano era simbolo sia di Fecondità ( addirittura, in Mesopotamia si credeva che il melograno aumentasse il vigore sessuale ) che di Morte. In diverse tombe greche nell’Italia meridionale erano presenti alcuni melograni in terracotta. Ma questo frutto non è legato solo alla Dea Madre, anzi, appare spesso come attributo legato a
personaggi mitologici maschili.
Secondo i miti greci, il melograno è legato a diverse divinità, primo tra tutti Dioniso.
Il mito narra, infatti, che Zeus – travestito da uomo mortale- amò Semele ( che Cattabiani indica come la luna ) e la giovane, rimasta incinta, venne indotta dalla gelosa Era - in sembianze di vecchia - a chiedere all’amante di apparirle nel suo vero aspetto, visto che lei avrebbe anche potuto pensare che egli fosse un mostro. A quel punto, Zeus – furioso – le apparve in sembianze di Dio saettando folgori che incenerirono la giovane donna.
Ma nonostante questo, Ermes riuscì a salvare il bambino, cucendolo nella coscia di Zeus dove il piccolo poté crescere per altri 3 mesi, nascendo così nei giusti tempi. Per questo, Dioniso viene spesso soprannominato “nato due volte”.
Il punto, però, è che quando Era seppe del tradimento del marito e quindi dell’esistenza del bambino, convinse due Titani di uccidere il piccolo. I due lo trovarono mentre si guardava allo specchio e lo squartarono, riducendolo in 7 pezzi che fecero bollire in un calderone posto su un tripode ( che ricorda tanto il successivo calderone con tre piedi delle streghe,
n.d.Xenia ), mentre un albero di melograno sorgeva dal terreno imbevuto del suo sangue. A quel punto, nonna Rea resuscitò il piccolo Dioniso ( da notare che, oltre al melograno, dal corpo del Dio nacque anche un’altra pianta; infatti, dalla cenere delle sue membra, sorse la vite ).
Un altro mito legato a questo frutto ci riconduce ad Attis, legato alla Dea anatolica Cibele.
Sulla frontiera della Frigia vi era nei pressi di Pessinonte una scogliera deserta chiamata Agdos dove
si adorava Cibele in forma di roccia.
Papas, il Dio del cielo, si era innamorato della Dea ed un giorno, tentando invano di unirsi a lei, sprizzò il suo seme sulla roccia ( mentre in un’altra versione lo emise nel sonno; in tutti e due i modi, questo racconto ricorda parecchio la nascita di Erittonio di cui si è parlato negli articoli su Atena; n.d.Xenia ). La roccia così fecondata generò l’androgino Agdìstis ( ricordiamo che Cibele stessa viene indicata come androgina e bisessuata, un po’ come androgina era ritenuta Atena e infatti, per i greci, Agdistis rappresentava Cibele stessa, che poi si innamorerà di Attis; n.d.Xenia ), selvaggio ed indomabile. Questo preoccupò moltissimo gli Dèi che vollero punirlo per la sua tracotanza e diedero il compito a Dioniso. Nelle vicinanze vi era una sorgente alla quale l’androgino andava a dissetarsi durante la caccia. Dioniso ne trasformò l’acqua in vino ( cosa vi ricorda? La stessa trasmutazione che fece Cristo alle nozze di Cana…n.d.Xenia ) e l’androgino, bevendola,
cadde in un sonno invincibile.
Il Dio, a questo punto, legò con una fune il membro maschile di Agdistìs ad un albero e quando egli si svegliò, alzandosi con uno slancio, la fune lo evirò. Il sangue che ne cadde a terra la fecondò e qui sorse un melograno con un frutto.
Un giorno, Nana ( che Graves indica – ne La Dea Bianca - come la Arianrhod frigia, n.d.Xenia ), la figlia del Dio fluviale Sangarios, passeggiando in quella zona vide una melagrana pendere da un arbusto. Essendo un frutto molto invitante, lo colse e se lo mise nel grembo.
Ma la melagrana sparì improvvisamente, mentre la principessa si ritrovò incinta.
Il padre, sdegnato per la figlia disonorata, la imprigionò condannandola a morire di fame ma Agdistìs la nutrì con frutta e cibi divini finché partorì il bambino. Il Dio fluviale, però, fece esporre il neonato per farlo morire, ma questo non accadde poiché il bambino venne nutrito da un caprone ( è possibile che fosse Dioniso? N.d.Xenia ) con un suo misterioso “latte”. Il piccolo venne chiamato Attis che poteva significare “bel bambino” o forse traeva il suo nome da “attagus” che probabilmente era il nome frigio del caprone.
Certamente, comunque, il melograno è un attributo molto femminile.
In epoca arcaica, ad esempio, era associato ad un essere femminile, Rhoio, uno dei nomi greci della pianta: era figlia di Stàfylos, il Tralcio d’uva, a sua volta figlio di Dioniso. Il padre irato l’aveva rinchiusa in una larnax, un recipiente d’argilla, e gettata in mare. Dopo un fortunato viaggio, la ragazza era giunta sull’isola di Delo dove aveva generato Anios, che a sua volta aveva generato Oino, Spermo ed Elais ( Vino, Grano, Ulivo ). Sìde è un altro nome del melograno, collegato ad una
fanciulla, eroina eponima di Panfilia. Secondo la leggenda più antica, Sìde era la sposa di Orione, il cacciatore che la gettò nell’Ade perché aveva osato contendere con Era una gara di bellezza. Questo mito forse rappresentava un passaggio da una sfera cultuale primitiva ( Side ) ad una più moderna ( Era ).
Una variante del mito narra che la ragazza, insidiata dal padre, si uccise sulla tomba della madre. A quel punto, gli Dèi, impietositi, fecero sorgere dal sepolcro il melograno mentre il padre veniva trasformato in un nibbio, l’uccello rapace che mai si posa sugli alberi.
In tutti questi miti, comunque, si parla del ciclo morte sacrificio da cui nasce la vita; anche il larnax di Rhoio
allude a questo, infatti era usato nel mondo egeo come cassa funebre ( inoltre, il fatto che nel mito la ragazza fosse gettata in mare e quindi in acqua allude, sicuramente, ad un viaggio infero legato alla morte e rinascita; n.d.Xenia ).
Come abbiamo poi già visto, un altro mito legato al melograno e al femminile è quello che vede protagonista Nana.

La melograna di Core-Persefone.

Sempre restando nel mondo greco, un personaggio sicuramente legato a questo frutto magico è Proserpina, figlia di Demetra/Cerere.
Spesso questa Dea, Persefone, ci viene rappresentata con in mano il melograno ad indicarla come Signora dei Morti. Questa iconografia la troviamo sia nelle terrecotte di epoca antica provenienti da varie zone del Mediterraneo ( Rodi, Cos, Melos, Sicilia ed Italia Meridionale ), sia in opere più recenti come, ad esempio, la “Proserpina” del preraffaellita Dante
Gabriel Rossetti.
Probabilmente, come le Dee già citate in precedenza, anche Persefone doveva essere una dea arcaica ( lo dimostrano anche le varie statue di Core del periodo greco arcaico, n.d.Xenia ).
Un inno omerico ci narra che un giorno, Persefone stava giocando con le figlie di Oceano cogliendo rose, crochi, viole, iris e giacinti; ad un certo punto, vide un narciso: quando tese le mani per prenderlo, sotto di lei si aprì un varco e Ade la rapì.
Questo rapimento, concesso ad Ade da Zeus, fece adirare Demetra, la madre di Persefone, la quale decise che la terra non avrebbe più portato i frutti a maturazione. Zeus, preoccupato per la vita degli uomini sulla terra, mandò Ermes da Ade per far sì che liberasse Persefone.
Ade obbedì e Persefone ne fu felice, ma Ade, furtivamente, le fece mangiare un chicco di melograno perché ella non potesse più restare per sempre lassù sulla terra.
Quando Demetra ritrovò finalmente la figlia, ebbe un triste presentimento e le chiese se non avesse per caso mangiato qualcosa nell’Ade. Se così fosse stato, Persefone avrebbe dovuto rimanere nell’Ade ogni anno per una delle tre stagioni, mentre le altre due le avrebbe passate con la madre e gli Dèi immortali. Ogni volta, a primavera, essa sarebbe risalita sulla terra, splendente. Persefone, a questo punto, dice alla madre che Ade l’ha costretta a mangiare il chicco di melograno che qui ha la funzione di costringere la Grande Madre ( come Vergine ) a scendere ciclicamente negli inferi: ovvero, a morire come vergine per diventare madre e generare il figlio luminoso evocato durante i misteri di Eleusi.
Come la luna diviene nera durante il novilunio, unendosi al sole, così Persefone scende ogni anno negli inferi per congiungersi con Ade per rigenerare il cosmo e per rinascere risalendo sulla terra con la madre, divenendo, così, signora delle piante.
Sempre in Grecia, questa pianta spesso veniva piantata sulle tombe degli eroi, forse anche per assicurare ad essi una lunga discendenza. Inoltre, si pensava che questi alberi fossero i ricettacoli di certe ninfe, le Ree.

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Note: Articolo di Xenia (Sarah Degli Spiriti) tratto da Labrys, quaderno amatoriale n. 8, Samhain 2005,
titolo originale: SAMHAIN DAL MELOGRANO ALLA ZUCCA


Fonti bibliografiche

Alfredo Cattabiani, Florario. Miti, leggende e
simboli di fiori e piante. Ed. Arnoldo
Mondadori ( TN, 1997 )

Le Garzantine, Simboli. Ed. Garzanti (
Milano, 2001 )

Art Dossier n.49, Botticelli di Guido Cornini,
ed. Giunti ( Pomezia, 1990 )

Losapevi dell’Arte, La natura e i suoi simboli,
prima parte; ed. Electa- Gruppo Editoriale
L’Espresso ( Pomezia, 2004 )

Losapevi dell’arte, Eroi e Dei dell’antichità,
seconda parte. Ed. Electa – Gruppo Editoriale
L’Espresso ( Pomezia, 2004 )

Anthony S. Mercatante, Dizionario universale
dei miti e delle leggende; edizione
Mondolibri, S.p.a., Milano ( Farigliano - CN,
2003 )

Robert Graves, La Dea bianca, Ed. Adelphi (
Azzate, 1998 )

Scott Cunningham, Enciclopedia delle Piante
Magiche, ed. Mursia ( Milano, 2004 ? )

James Gorge Frazer, Il ramo d’oro, studio
sulla magia e la religione. Ed. Newton (
Milano, 1999 )

Articolo di Andrea Romanazzi, Le notti di
Samhain – un viaggio nelle tradizioni
popolari alla ricerca di antichi culti pagani,
apparso in Athame, Anno 4, n. 12- Mabon.

Copertina di A winter garden, five songs for
the season di Loreena McKennitt,1995.
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Re: Il melograno e la zucca (Punti: 1)
da fairymoon 02 Dic 2008 - 10:35
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ma che articolo splendido, sono profondamente affascinata dalla melagrana!






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