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Ynis Afallach Tuath

Il melograno e la zucca
Venerdì, 28 Novembre 2008 - 08:09 - 19928 Letture
Ciclo dell'Anno Con questo breve articolo ho pensato di approfondire cosa si nasconda dietro ai due simboli principali della festa di Samhain, legata all’altro mondo e al regno le cui porte si spalancano in questa notte così sacra e misteriosa.


Il melograno presso i Romani

Chiaramente, questo frutto così abbondante e ricco di chicchi evocava abbondanza e fertilità. I Romani ornavano il capo delle spose con rametti di questa pianta per augurare loro fertilità; in effetti, a Roma la melagrana era tenuta in mano da Giunone e rappresentava il matrimonio, l’amore e quindi i frutti di questo amore. Chiaramente, anche presso i Romani il
frutto aveva il significato opposto, cioè di morte; infatti, si possono osservare in molte tombe romane,sopra le epigrafi, dei melograni in basso rilievo, oltre che a immagini di uva e della vite ecc. ( come mi è capitato di vedere proprio di recente durante la visita al foro romano di Assisi , n.d.Xenia ). Cattabiani ci dice che ancora oggi, in Vietnam si canta “La melagrana si apre e lascia venire cento figli”, mentre in Turchia la sposa getta per terra una granata: avrà tanti figli, si dice, quanti sono i chicchi usciti dal frutto.

Il melograno nell’Antico Testamento e nel Cristianesimo

Anche in questo caso, il frutto è legato alla femminilità. Esso viene anche citato nel Cantico dei Cantici ( “Come specchio di melagrana la tua gota attraverso il velo” e “I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti” ), ma è anche simbolo, oltre che di Fecondità e Prosperità, della Benedizione Divina. Il Signore, in Esodo, dice ad Aronne di
ricamare nel bordo dell’abito sacerdotale varie melagrane di colore viola, porpora rossa e scarlatto, in mezzo a sonagli d’oro. Anche i capitelli della reggia di Re Salomone riportavano melograni e qui, oltre ad essere un simbolo divino, diviene anche simbolo regale, grazie alla coroncina del frutto.
Secondo Gregorio di Nissa, il melograno avrebbe anche rappresentato lo splendore di buone azioni: un tenore di vita saggio e duro ( come la buccia del melograno ) è ricolmo di buone speranze quando a tempo debito fiorisce ( come la parte interna del frutto ). Ma questa idea non influirà molto sul pensiero medievale, dove invece il frutto indicherà la Chiesa che unisce in sé, in una sola fede, popoli diversi come i chicchi., che possono anche indicare la ricchezza dei martiri e dei misteri della Chiesa.
Ma anche il succo rosso del frutto ricorda il sangue dei martiri. Inoltre, essendo il guscio duro, mentre all’interno la polpa è dolce e morbida, la melagrana ha anche simbolizzato la figura del sacerdote, severo esteriormente ma interiormente benevolo. Nel caso, poi, il melograno fosse rappresentato aperto, avrebbe simbolizzato l’amore misericordioso del Cristo che si dona.
Rimanendo sempre in questo ambito, San Giovanni della Croce, nel Cantico spirituale fa dire alla sposa ( che rappresenta l’anima la quale si rivolge all’Amore- Cristo ):

Godiamoci l’un l’altro, Amato
E andiamo a rimirarci nella tua bellezza
Alla selva e al colle,
di dove scaturisce l’acqua pura:
inoltriamoci nella macchia.
E poi alle profonde
Caverne della pietra ce ne andremo
Che stanno ben nascoste;
e lì ci introdurremo
e gusteremo il succo di melegrane.

L’anima che vive nell’unione perfetta con Dio gli chiede di ricevere da Lui gioia e letizia, di diventare simile all’amato, di conoscere i suoi segreti e di penetrare nei misteri della sapienza divina nascosti in Cristo. Ogni mistero divino è simboleggiato da una melagrana ( i molti chicchi rappresentano le provvidenze di Dio contenuti da ogni virtù, mistero e giudizio ). Da notare, soprattutto, la forma circolare del frutto che simboleggia Dio, il suo essere senza principio né fine. Il succo della melagrana, poi, è ciò che l’anima riceve dalla conoscenza.
Durante l’epoca barocca, l’abbondanza dei semi è divenuto simbolo della carità, del donare per amore ( pensiamo a certi ordini come la Caritas, l’Ordine dei Fratelli misericordiosi ecc. ), mentre in araldica è divenuto l’emblema di Granada e della Columbia ( l’ex “Nuova Granada” ).

La Madonna e il melograno

Nell’iconografia Cristiana, sono davvero molte le rappresentazioni della Madonna con in mano questo frutto. Pensiamo a due opere del Botticelli, in questo senso: la Madonna della Melagrana ( 1487 circa, oggi agli Uffizi ) e la Madonna del Magnificat ( 1481-1485, sempre agli Uffizi ). In entrambe le opere, il frutto è tenuto in mano sia dalla Vergine che dal Bambino, per cui, qui il melograno avrebbe doppio significato di castità e resurrezione. In entrambe le opere, il melograno è aperto e mostra i propri chicchi: può rappresentare,oltre ai due significati precedenti, anche la Chiesa che riunisce in sé diversi popoli,l’Amore di Dio e la ricchezza dei misteri divini.
Ma andiamo oltre. Cattabiani cita anche la Madonna del Granato del Carpaccio, dove la Madonna tiene il frutto nella mano destra come uno scettro. Il legame con le Grandi Madri antiche è abbastanza lampante e quindi il simbolo è quello di Grande Madre che genera e rigenera il cosmo; qui,la Vergine -con le Sacre Nozze- diventa genitrice del Figlio, apportatrice di fecondità spirituale a tutta l’umanità e portatrice dell’Amore divino. Se è il Bambino a portare il frutto, di solito indica- nell’iconografia medievale e rinascimentale – l’Amore che si sacrifica e che poi rinasce ( come il seme che cadendo in terra muore e si trasforma per rinascere ) per redimere l’uomo.

Il melograno nel mondo profano

Il frutto di cui stiamo trattando si trova spesso anche in diversi dipinti che di sacro non hanno assolutamente nulla. Uno di questi dipinti, ad esempio, raffigura Matilde di Canossa, molto legata sì alla chiesa, ma donna di potere nel periodo medievale, con un melograno in mano per indicare i propri possedimenti.
Un altro esempio di questo tipo, lo possiamo trovare in un dipinto di Albrecht Durer intitolato L’imperatore Massimiliano I ( 1519, Vienna ), in cui appunto l’imperatore tiene in mano un melograno che in questo caso rappresenta l’unione di molti sotto una singola autorità. Un altro dipinto di questo tipo è quello di Nicolò dell’Abate, Ritratto di giovane ( 1548-1552 , Vienna ), in cui un giovane uomo nobile, forse un letterato, viene ritratto con il frutto in mano che qui dovrebbe indicare la carità e la ricchezza interiore del protagonista.
Come ci spiega Cattabiani, nel Rinascimento la Granata che raccoglie in sé i grani era considerato un simbolo di Giunone come “conservatrice dell’unione dei popoli e suscitatrice della concordia famigliare. Per questo Cesare Ripa nella sua Iconologia dice che la Concordia viene rappresentata con una bella donna che tiene nella mano destra un melograno e nella sinistra uno scettro con in cima fiori e frutti.
Anche l’Accademia, che riuniva diverse persone, era rappresentata da questo frutto che, tra l’altro, appariva nell’allegoria della Conversazione: un giovane ridente, vestito di verde, con una ghirlanda di alloro in testa con nella mano sinistra un caduceo a cui erano attorcigliati un ramo di melograno e di mirto; sopra, le alette di una lingua umana. Il giovane sembra fare una riverenza, con il braccio destro teso in avanti da dove pende un nastro con la scritta “Veh soli”. Il caduceo con le due piante significherebbe che nella conversazione è importante che vi sia unione ed amicizia e che le due parti abbiano uno scambio alla pari ( come le due piante che si avvitano perché si cercano e si scambiano i propri profumi ). Il giovane allegro indica che i giovani amano stare insieme, il verde indurrebbe l’allegria, l’alloro renderebbe virtuosa la conversazione, la lingua indica che l’uomo ha la parola per esprimere amore e affetto agli altri. La riverenza indica che conversando occorre essere cortesi con chi si parla.
Anche D’Annunzio si ispirò, nel ‘900, al melograno, scrivendo nel 1898 “I romanzi del melograno”, un ciclo di cui scrisse solo la prima parte ( Il fuoco ) per trarre dai frutti ( che si schiudono d’autunno per far vedere i chicchi ) il simbolo della Fecondità del poeta, mentre la coroncina regale rappresentava il Dominio del Superuomo.

I significati principali

Principalmente, quindi, i significati legati al frutto sono: fertilità e morte ( nel mondo pagano ), unione di parti diverse ( nella Chiesa ), castità ( se in mano alla Vergine ), risurrezione ( se in mano a Gesù Bambino ), ma anche, nel caso di Cesare Ripa, Concordia e Conversazione. Quindi, in questo ultimo caso, rappresenta la Concordia e, se con l’allegoria della
Conversazione, indica che in qualsiasi scambio dialettico è importante che rimangano salde l’unione e l’amicizia tra le parti. Nel mondo Europeo, inoltre, sognare un melograno indica che l’amore sta per arrivare.

Alcune fonti

Clemente Alessandrino, Protrettico ai greci, II Ovidio, Metamorfosi V, 341-571 Cantico dei Cantici 4,12-13 Concordia; Conversazione, in Cesare Ripa, Iconologia.

Il melograno secondo Robert Graves

Nel testo La Dea bianca, nel capitolo intitolato I sette pilastri, Graves ci dice che il melograno era l’albero sacro a Saul, nonché di Rimmon, il nome di Adone dal cui sangue si dice sia sorto. Aggiunge, poi, che per tradizione la vittima pasquale veniva infilzata in uno spiedo di melograno. Il frutto del melograno era l’unico ammesso nel Sancta Sanctorum del Tempio: piccole melagrane ricamate ornavano, come infatti abbiamo già visto, i paramenti sacri del Sommo Sacerdote quando vi compiva l’ingresso annuale. L’autore dice che, essendo il settimo giorno sacro a Jahvèh ed essendo Javhèh una forma di Bran, Saturno o Ninib - il Saturno assiro, Dio del Sud – come lo portano a credere varie riflessioni precedenti, tutto porterebbe a supporre che il frutto legato al settimo giorno della settimana della creazione fosse il melograno ( tenendo come principio della settimana quella che sarebbe la giornata della domenica, dedicata al Sole; quindi, il 7° giorno sarebbe il sabato, n.d.Xenia ).
In un capitolo successivo, Graves parla della vita meditativa, legata al sabato e alla domenica, le due giornate legate rispettivamente al melograno e all’acacia. Il giorno del sabato, il melograno, sarebbe stato legato all’illuminazione, la domenica e l’acacia al riposo. Così come cita, poco più avanti , l’ipotesi ( già portata avanti anche da altri testi ) che l’Albero della Vita del Paradiso Terrestre non fosse un melo ma un melograno. Inoltre, nel capitolo Guerra in cielo, il nostro dice: “Nel candelabro della Hanukkah, che tra gli Ebrei marocchini ( la cui tradizione è la più pura ed antica ) è sormontato da una piccola melagrana, le otto luci sono disposte in fila, ciascuna su un ramo separato, come nella Menorah; dal piedistallo esce un braccio con un suo portalampada e una sua luce che serve per accendere tutte le altre. L’ottava luce della fila deve rappresentare il giorno supplementare dell’anno, il giorno della lettera J, che viene intercalato al solstizio d’inverno; perché la melagrana, emblema non solo del settimo giorno della settimana, ma anche del pianeta Ninib ( Saturno, n.d.Xenia ), che regge il solstizio di inverno,mostra che questo candelabro è una Menorah estesa a contenere tutte le lettere del Tetragrammaton ( quelle che formano il nome di Dio in ebraico, n.d.Xenia ) (…). Il candelabro della Hanukkah era il solo ad essere impiegato ritualmente nelle sinagoghe della Diaspora ( per evitarne la riproduzione ed evitare che venisse fondato un altro tempio equivalente a quello di Gerusalemme, n.d.Xenia ) ( …) Il senso della melagrana alla sommità è stato dimenticata dagli ebrei marocchini, che lo considerano un mero elemento decorativo, pur riconoscendone l’antichità; gli Ebrei dell’Europa Centrale l’hanno sostituita con un pomolo sormontato da una stella di David. Gli Ebrei marocchini pongono una melagrana anche all’estremità del bastone che è chiamato etz chaym, “albero della vita”, mentre gli Ebrei dell’Europa centrale l’hanno ridotta ad una corona formata dal suo calice avvizzito. La spiegazione rabbinica fattuale della santità della melagrana è che si tratta dell’unico frutto inattaccabile dai vermi.”


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Note: Articolo di Xenia (Sarah Degli Spiriti) tratto da Labrys, quaderno amatoriale n. 8, Samhain 2005,
titolo originale: SAMHAIN DAL MELOGRANO ALLA ZUCCA


Fonti bibliografiche

Alfredo Cattabiani, Florario. Miti, leggende e
simboli di fiori e piante. Ed. Arnoldo
Mondadori ( TN, 1997 )

Le Garzantine, Simboli. Ed. Garzanti (
Milano, 2001 )

Art Dossier n.49, Botticelli di Guido Cornini,
ed. Giunti ( Pomezia, 1990 )

Losapevi dell’Arte, La natura e i suoi simboli,
prima parte; ed. Electa- Gruppo Editoriale
L’Espresso ( Pomezia, 2004 )

Losapevi dell’arte, Eroi e Dei dell’antichità,
seconda parte. Ed. Electa – Gruppo Editoriale
L’Espresso ( Pomezia, 2004 )

Anthony S. Mercatante, Dizionario universale
dei miti e delle leggende; edizione
Mondolibri, S.p.a., Milano ( Farigliano - CN,
2003 )

Robert Graves, La Dea bianca, Ed. Adelphi (
Azzate, 1998 )

Scott Cunningham, Enciclopedia delle Piante
Magiche, ed. Mursia ( Milano, 2004 ? )

James Gorge Frazer, Il ramo d’oro, studio
sulla magia e la religione. Ed. Newton (
Milano, 1999 )

Articolo di Andrea Romanazzi, Le notti di
Samhain – un viaggio nelle tradizioni
popolari alla ricerca di antichi culti pagani,
apparso in Athame, Anno 4, n. 12- Mabon.

Copertina di A winter garden, five songs for
the season di Loreena McKennitt,1995.
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Re: Il melograno e la zucca (Punti: 1)
da fairymoon 02 Dic 2008 - 10:35
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ma che articolo splendido, sono profondamente affascinata dalla melagrana!






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