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Ynis Afallach Tuath

"Ci sono tre cose di cui 'tutto' non è bene"
Giovedì, 12 Marzo 2009 - 13:33 - 2893 Letture
Triadi Bardiche Articolo redatto da Lelaina

Prosegue con questo articolo la serie di studi sulle Triadi chiamate TROIDDES DEWIANETH CYMRY.

La terza triade che abbiamo deciso di analizzare è quella che così recita:

Ci sono tre cose di cui "tutto" non è bene:

fare tutto ciò che la passione desidera,
credere a tutto ciò che si dice sulla terra,
e mostrare tutto ciò che si conosce.


Introduzione alla triade

La prima cosa a cui questa triade fa pensare è il noto detto "il giusto sta nel mezzo", è infatti evidente come essa sia in primo luogo un rimando all'equilibrio. D'altra parte il ciclico equilibrio fa parte della natura stessa della vita e ricercare la stessa armonia a livello personale costituisce un'importante meta nel Cammino del Viandante – forse l'essenza stessa di questo cammino, tanto semplice quanto difficile da raggiungere.
Questa triade, come l'intero Ciclo di Guarigione, può essere considerata una mappa in grado tanto di condurci a una maggiore e più profonda comprensione di noi stessi a livello interiore, quanto di indicarci come e in che direzione muoverci per vivere davvero questo equilibrio a livello esteriore, facendo così in modo che l'intima ricerca spirituale si possa rispecchiare nitidamente nelle nostre azioni nel mondo e con gli altri.
Le direzioni che questa mappa ci incita a seguire possono essere descritte come l'essere giusti e consapevoli delle nostre azioni; il prestare grande attenzione alle parole che scegliamo di usare; l'essere appieno noi stessi senza danneggiare nessuno; l'essere coerenti; il controllare le nostre emozioni – in poche parole la mappa ci indica la strada per rimanere in equilibrio. È come se ognuno di noi procedesse nella propria vita camminando su una passerella sospesa sprovvista di corrimano: agendo con smodatezza o in modo eccessivo si rischia di perdere l'equilibrio e precipitare nel vuoto, mentre azioni consapevoli e moderate ci donano stabilità, consentendoci di procedere con maggiore determinazione, più diretti e spediti, sul nostro sentiero.
Seguendo ciecamente le proprie passioni, infatti, si rischia di non riuscire a distinguere ciò che non ha radici salde nel cuore, ovvero l’effimero, da ciò che invece lo fa davvero vibrare ed è in grado di appassionare l’animo in modo duraturo. Nonostante la passione rappresenti indubbiamente la molla che ci spinge ad andare avanti nella vita, per non smarrirsi è necessaria anche la razionalità che, impedendoci di perderci dietro a ogni voglia del momento, ci consente di canalizzare in modo proficuo la spinta proveniente dalla passione.
Allo stesso modo, è necessario saper distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Per quanto ascoltare tutto ciò che si dice sulla terra possa anche essere positivo, sicuramente non lo è credere ciecamente a quanto udito. Essere pronti ad ascoltare e ad imparare è sicuramente un atteggiamento corretto, a patto che si mantenga sempre la propria capacità di analizzare e discriminare ciò che arriva dall'esterno. Per questo, in ogni occasione, i Viandanti dovrebbero usare il proprio discernimento per farsi un'opinione personale, basata sulle esperienze vissute in prima persona, piuttosto che sul sentito dire.
Infine, questa triade insegna a procedere sul Cammino con umiltà, senza voler a tutti i costi dimostrare – o peggio ancora mettere in mostra – le proprie conoscenze, bensì facendo uso di talenti e saperi solo quando ve n'è davvero bisogno o quando questi possono effettivamente rivelarsi utili. Noi Viandanti non dovremmo ostentare ciò che siamo o quello che abbiamo imparato lungo la strada, ma concentrarci invece nel vivere appieno le nostre esperienze – non parlarne, ma sentirle sulla pelle; non cercare di apparire con belle parole, ma semplicemente essere.
Il fatto che la triade sottolinei come di questi elementi "tutto" non sia bene, significa che comunque, nella giusta misura, ognuna di queste componenti abbia delle caratteristiche positive di cui sarebbe saggio a non privarsi.
In sintesi, si può forse affermare che questa triade voglia insegnarci a non usare né il cuore senza la testa, né la testa senza il cuore.

Analisi dei versi

Analizziamo ora, in maggior dettaglio, i diversi elementi della triade:

fare tutto ciò che la passione desidera,

Alcune di noi danno di questo primo verso un'interpretazione molto forte, vedendo nella passione un richiamo implicito al potere di distruzione del fuoco, e affermano che non si può agire seguendolo solo le proprie passioni perché ciò potrebbe anche portare a eccessi distruttivi. Si tratta ovviamente di un invito a non essere impulsivi né indisciplinati, ma al contrario ad agire con prudenza. Questo verso vorrebbe dunque esortarci a tener a bada le passioni e a misurare i sentimenti, cercando di essere discreti e cauti. Spesso è necessario ponderare le cose con calma prima di agire per poterle fare davvero nostre e far quindi sì che le nostre azioni siano dettate dalla consapevolezza, che siano gesti che si originano dal profondo del nostro essere.
Una diversa interpretazione di queste stesse parole, forse meno categorica, le considera un monito del fatto che non è possibile occuparsi solo di quello che più ci piace o ci interessa, spesso nella vita ci sono molte cose che devono essere fatte, anche se non ne abbiamo voglia. Può trattarsi di piccole incombenze quotidiane, ma anche di atti più importati, gravi e forse dolorosi, ma necessari, azioni che è comunque bene compiere, spesso il prima possibile e senza rimandare, anche se non lo si desidera affatto. Eppure è spesso proprio dal modo in cui affrontiamo questi obblighi spiacevoli che riusciamo a capire meglio noi stessi, a crescere e a evolvere. È proprio qui che si celano per noi preziosi insegnamenti e che siamo chiamati a mettere alla prova quello che fino a quel momento abbiamo appreso sul Cammino.
Questo verso, inoltre, può volerci ricordare che la libertà e la capacità di seguire la nostra passione e i nostri desideri finiscono lì dove iniziano la libertà e i desideri dell'altro – anche in questo senso la triade ci indica il giusto mezzo, quell'equilibrio tra le proprie esigenze e quelle altrui che ci consente di vivere insieme in armonia.

credere a tutto ciò che si dice sulla terra

Questo secondo verso della triade ci insegna a pensare con la nostra testa, a discernere da soli cosa riteniamo giusto e cosa sbagliato, senza lasciarci influenzare da quello che dicono gli altri, anche perché una stessa cosa potrebbe apparire in modo diverso a due persone diverse. Non bisogna mai dare per scontato quello che ci viene detto o mostrato senza averci riflettuto in prima persona, al contrario si deve sempre essere capaci di ragionare basandosi solo sulle proprie capacità e opinioni, avendo il coraggio di credere all'istinto e al cuore. Per fare questo, però, dobbiamo essere in grado di ascoltare la nostra anima e di riconoscere ciò che ci rende liberi e felici dai condizionamenti esterni che invece ci imprigionano. Molte di noi ritengono questa parte della triade attualissima, sia in relazione alla disinformazione, alla superficialità e al pressapochismo dilaganti un po' in tutti i campi, sia anche rispetto alle forti pressioni sociali verso il conformismo e l’omologazione cui tutti noi siamo sottoposti di questi tempi.

e mostrare tutto ciò che si conosce

Secondo alcune di noi quest'ultimo verso è un invito a considerare con cautela i limiti entro i quali condividere le proprie conoscenze, sia nei termini delle persone con cui le si vuole condividere, sia riguardo alla situazione o al momento che si scelgono per farlo, sia, infine, in relazione al tipo di conoscenza in questione. Secondo questa prima interpretazione la triade ci invita tanto a non perdere il nostro tempo con chi non è in grado di comprendere o apprezzare le nostre conoscenze, quanto a essere umili nel condividere quanto appreso, ovvero a evitare di metterci in mostra o fare sfoggio di conoscenze solo per guadagnare lustro personale.
Un'altra interpretazione, complementare alla prima, sottolinea come il "ciò che si conosce" di questo verso non rimandi solo a nozioni libresche, bensì a un qualcosa di più intimo, più personale, quel qualcosa di ineffabile che ognuno di noi apprende nel proprio percorso di vita e che quindi gli appartiene profondamente. È come se questo verso ci suggerisse che, se vogliamo veramente aiutare qualcuno, non dobbiamo svelargli quello che noi abbiamo imparato, ma guidarlo perché arrivi da solo alla sua conoscenza. Il nostro vissuto e i Misteri intravisti oltre le Nebbie, nei rari momenti in cui siamo riusciti a sollevare il velo, non possono essere rivelati, appartengono solo a noi. Cercare di trasmetterli a parole sarebbe inutile: l'esperienza risulterebbe banale o incomprensibile per l'ascoltatore.
Basandosi sugli studi di Karl Kerényi, Aidan Kelly (citato in "Drawinig down the Moon" di Margot Adler) fa notare come, quando i Misteri divennero la religione di stato di Atene, in seguito all'annessione ateniese di Eleusi nel 600 A.C. circa, venna approvata una legge volta a proteggerne la segretezza. Tale legge, tuttavia, operava una distinzione tra due tipi di segreti: quelli "minori" e quelli "maggiori". I "segreti minori" erano quelli che non potevano essere rivelati ad alcuno, né a parole, o gesti, né in nessun altro modo, ed erano chiamati ta aporrheta "i proibiti", perché la legge in questione poteva applicarsi solo a loro. I "segreti maggiori" erano invece chiamati ta arrheta, "gli ineffabili" e non erano oggetto di protezione legale, poiché lo stesso testo giuridico riconosceva che questi segreti non potevano essere comunicati se non tramite i Misteri stessi. Pertanto non necessitavano di una tutela esterna in quanto la loro stessa, intrinseca, incomunicabilità ne garantiva la segretezza. Sono infatti il processo e l'esperienza, non i segreti, a costituire il mistero dei Misteri: per questo essi non possono essere comunicati o insegnati, possono solo essere esperiti e vissuti.
Lo stesso concetto ci viene ricordato da Cerridwen nell’Hanes Taliesin: neppure la Dean può travasare la sua sapienza in Gwion Bach senza che questi abbia prima superato delle prove, compiuto il suo percorso e le sue esperienze.

Conclusione

Con una brillante intuizione, una di noi ha osservato come forse il significato recondito e complessivo di questa triade sia il silenzio. Questo concetto potrebbe essere allargato fino a comprendere la deprivazione sensoriale in generale. Nei versi si parla infatti di limitare l'azione, di isolarsi dalle influenze esterne – da ogni rumore, odore o sensazione di contatto con il mondo che ci circonda – e di limitare le parole, anche dentro di noi, rimandando così allo stato fisico della deprivazione sensoriale. I verbi scelti – fare, credere a ciò che si dice e mostrare – rappresentano azioni che a livello simbolico possono essere collegate al silenzio, all'oscurità e all'immobilità, e quindi nuovamente ai Misteri perché la deprivazione sensoriale, come molte altre tecniche che portano all'alterazione della coscienza, non è altro che una chiave per aprire la porta oltre la quale le Antiche Armonie ancora si celano.
Poi va da sé l'intrinseco legame della triade con l'equilibrio, perché è proprio a questo equilibrio, con noi stessi, con il divino e con i grandi cicli di nascita, crescita morte e rigenerazione che i Misteri dovrebbero condurci – non sarà certo stato un caso se, presso il tempio oracolare di Delfi, il secondo cancello da oltrepassare per giungere al cospetto della Pizia recava l'iscrizione "Nulla in eccesso".


Note: Analisi a cura del gruppo di studio Sentieri di Avalon dell'associazione Ynis Afallach Tuath. In particolare, l'articolo è stato redatto con i contributi di (in ordine alfabetico) Abigail, Argante, Barbara-Lady Dagmaar, Euphorbia, Meliade, Patty-Fatasylesia, PhoenixMoon e Valeria-Lelaina, e riuniti in questo documento da Valeria-Lelaina.
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Re: "Ci sono tre cose di cui 'tutto' non è bene" (Punti: 1)
da Argante (isiabbi@hotmail.com) 14 Mar 2009 - 09:21
(Info utente | Invia il messaggio) http://)
Sono oltremodo soddisfatta del lavoro che compiamo... e stupita della chiarezza con la quale, cara Leli, riesci poi a riassumere i nostri pensieri, a dar loro un senso logico, a collegarli...
I miei complimenti vivissimi a noi tutte e soprattutto a te...






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