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Ynis Afallach Tuath

VII IL FALCO
Domenica, 17 Maggio 2009 - 13:03 - 4658 Letture
Lunologia Am séig i n-aill
(Luna Piena tra il 15 aprile e il 12 maggio)

Benvenuta, Luna del Falco!
L’araldo dell’estate è là fuori sulla Terra,
i fiori si gonfiano ed esplodono,
l’inverno arretra.
Diveniamo campioni-guerrieri della luce,
aprendo la strada ad un gioioso trionfo dentro di noi.





Nel ciclo lunare di Kondratiev, questa è la Luna del Falco, associata, nel canto di Amairgen, al verso che recita “Sono un falco su una rupe”. Il falco è il secondo dei quattro animali sacri citati nella composizione di Amairgen. In altri contesti, come nelle storie di Fintan Mac Bòchra e Tuan Mac Cairill, al suo posto vi è un’Aquila. Secondo Taraglio infatti, il falco assume nella tradizione celtica irlandese, lo stesso valore dell’aquila, essendo entrambi animali solari; pare che l’antico termine irlandese séig denotasse una varietà di uccelli da preda fra cui probabilmente l’aquila.
Con la scorsa lunazione abbiamo sperimentato la nostra rinascita spirituale, e siamo entrati nella fase di crescita e affermazione. Come un bambino appena nato, dobbiamo adesso conquistarci il nostro spazio nel mondo, e nutrirci a tutti i livelli per rafforzare il nostro corpo e il nostro spirito.
La Caccia diventa quindi, prima di tutto, lo strumento tramite cui delimitiamo il nostro territorio e ci procuriamo il cibo necessario alla nostra sopravvivenza. Oggi si tratta di un simbolo, ma dobbiamo sempre ricordare che per le popolazioni antiche, così come per gli animali, la caccia è una vera e propria attività di sostentamento, prima ancora che un’attività simbolica. Le parole chiave diventano quindi Conquista e Nutrimento.
Conquista dell’Amore, Conquista del Territorio; ma anche Nutrimento, perché, nonostante non siamo ancora nella Stazione del Raccolto presieduta dalla Madre Rhiannon, siamo comunque nel periodo in cui si apre la metà luminosa dell’anno e la stagione estiva, che fornirà il sostentamento e i raccolti per tutto l’anno.
Il Falco e l’Aquila possono aiutarci ed introdurci a queste difficili imprese, che troveranno pieno compimento nel prossimo mese, con la Luna dei Fiori e il Matrimonio Sacro. Vista acuta, astuzia, perspicacia, sorveglianza vigile, capacità di volare in alto, leggerezza, forte presa in volo, rapidità nell’agire, prontezza di riflessi… Questi animali sono i grandi predatori del cielo e rappresentano dei potenti alleati quando ci si avventura in nuovi territori. In lingua celtica, il detto “gettare uno sguardo d’aquila su qualcuno” significa lanciare un’occhiata amorosa e l’aquila è perciò anche simbolo dell’amante.
Nei racconti che abbiamo citato, ci sono numerosi riferimenti a questi uccelli. Ne L’Isola dei Potenti, l’anima di Llew si incarna in un’aquila dopo essere stato ucciso da Goronwy e Blodeuwedd. In Kulhwch ac Olwen, l’aquila viene indicata come una delle creature più antiche del mondo, più giovane solo del Salmone (e in effetti, prendendo in considerazione solo le lune con nomi di animali, la lunazione del Salmone è stata posizionata immediatamente dopo a questa). Prima dell’aquila abbiamo il gufo (e la civetta è un simbolo di Blodeuwedd), e prima ancora un cervo (altro animale associato a questo periodo). Olwen viene descritta con “occhi come quelli di un falco e lo sguardo brillante come quello di un falcone adulto”. Inoltre, sempre in questo racconto, compare il personaggio di Gwalchmai (“Falco di Maggio”), uno dei principali compagni di Artù nella tradizione gallese. Gwalchmai assiste l’eroe Kulhwch nel conquistare la Fanciulla dei Fiori Olwen; secondo Kondratiev, dai romanzi continentali (dove egli è noto come Gawain, forse dal cornico Gwalghwynn o dal bretone Gwalc’hwenn, “Falco Bianco”) è evidente che egli era un tempo il protagonista principale di tale cerca.
Il “Falco di Maggio” è dunque il catalizzatore finale nel cambiamento da giamos a samos: è la sua azione decisiva e piena di volontà a liberare le energie di crescita della Terra dal suo esilio sotterraneo e a permettere di manifestarsi all’amorosa stagione piena di attività che è l’Estate; egli fornisce l’impeto finale, l’ultima spinta.


Toro: influssi e mitologia

Questo è il periodo degli odori, dei sapori e degli amori. Il ciclo vegetale è avanzato e si prepara alla fruttificazione, e siamo nel pieno della fase espansiva, della conquista del territorio, della fertilità, nel rispetto del simbolismo che la tradizione assegna alla prima Terra dello Zodiaco, il Toro, associato a questa lunazione. Il nome stesso, Taurus o Toro, ha la stessa radice di Terra.
Il toro era un simbolo del Dio Bel, Beli o Belenos (“luminoso”), a cui è dedicata la festività di Beltane (che significa letteralmente “fuoco di Bel”), che si svolge in questo periodo.
A proposito della figura del toro nella mitologia, Robert Graves scrive: “Il fatto che un verso della Canzone di Amairgen contempli le due varianti “cervo dai sette palchi” e “toro dalle sette lotte” suggerisce che nell’età del Bronzo, in Irlanda, come in Grecia e a Creta, questi due animali fossero sacri alla Grande Dea. Nella Creta minoica il toro si impose come Minotauro, “Minosse-Toro”, ma c’era anche un Minelaphos, “Minosse-Cervo”, che figurava nel culto della Dea lunare Britomarte (assimilata ad Artemide). […] L’espressione “toro della lotta” pare essere diventata, in composizioni più tarde, un titolo sacro, come “falco” e “aquila”, piuttosto che una metafora laudativa.” Il verso citato della Canzone di Amergin recita “Am dam secht nd’írend”; in effetti, la parola dam può significare sia “cervo”, sia “toro”, sia “bue”.

Una curiosità: esistono rappresentazione celtiche in cui un toro e un cervo vengono a nutrirsi da un sacco (di cui parleremo più avanti), mentre altre in cui due serpenti tendono verso un sacco o una coppa da cui sgorga una sorgente a cui si abbeverano un cervo e un toro. Il toro è un rappresentante delle genti dedite all’agricoltura, piuttosto che alla caccia, il cui emblema è appunto il cervo.
Poco più avanti, Graves riporta un episodio della saga di Cuchulainn, La Guerra dei Tori, scrivendo: “All’epoca dell’eroe dell’Ulster Cuchulainn (la cui morte avviene, secondo la tradizione nel 2 d.C.) il culto del toro regale era ormai ben consolidato. Il destino di Cuchulainn era legato a quello di un vitello bruno, figlio del famoso toro bruno della regina Medb. La Morrigan quando incontrò per la prima volta Cuchulainn, lo avvertì che sarebbe vissuto solo sino a quando il vitello avesse compiuto due anni. L’episodio centrale della saga di Cuchulainn è appunto la Guerra dei Tori, combattuta tra l’esercito di Medb e quello di suo marito, il re Ailill, in seguito ad un futile litigio a proposito di due tori. Alla fine il toro bruno uccide il rivale dalle corna bianche, il quale, considerandosi troppo nobile per servire una donna, aveva abbandonato la mandria di Medb per quella di Ailill. Impazzito dall’orgoglio, il vincitore carica una roccia e si fracassa il cranio. Gli succede il suo vitello. La Guerra dei Tori contiene un esempio dell’intricato linguaggio del mito: il toro bruno e quello dalle corna bianche erano in realtà porcari reali che avevano il potere di mutare forma. Sembra che in epoca antica la figura del porcaro godesse di una posizione del tutto differente a quella che emerge dalla parabola del figliol prodigo: egli era in origine un sacerdote al servizio della dea della morte, il cui animale sacro era il maiale.”

Oltre al mito del Minotauro, si riportano al Toro tutti i miti primordiali connessi alle divinità femminili agricole (la Dea-Terra e la Dea-Luna come principi femminili), le quali sono poi confluite nella Venere terrestre (cioè l’amore come forza generatrice); Venere è anche il pianeta che regge questo segno.
In uno dei miti più antichi la dea figurava come divinità lunare che, in forma di vacca, si accoppiava con il dio sole in forma di toro; si pensi al glifo astrologico di questo segno, che è l’insieme del cerchio solare (la testa) e di una mezza luna (le corna). Esso è la stilizzazione della testa del bue o della vacca, che compare come elemento sacrale in tutte le antiche religioni legate al culto della terra e della fertilità.
La Vacca è l’incarnazione della femminilità nel suo aspetto di abbondanza, e perciò simbolo della Dea. I Celti vedevano in essa l’incarnazione del dono della fecondità della Terra, il nutrimento e il sostentamento che la Dea concede agli uomini attraverso la fertilità del suolo, e vi sono numerose leggende che lo dimostrano, , specialmente quelle che narrano di come persone, eroi e dèi vengano sfamati e rinvigoriti dal latte di mucche fatate.
Non è raro trovare nella mitologia Dee-Mucca. L’irlandese Flidais (“Padrona del Cervo”), signora degli animali e incarnazione della fecondità e delle libertà della natura che percorreva le campagne su un carro trainato da cervi soprannaturali e possedeva una mucca in grado di alimentare trecento persone per notte. L’irlandese Boann ,“Colei dalle Bianche Mucche”, era una Dea dell’acqua che diede origine al fiume Boyne (abbiamo già visto il mito legato a questa dea nell’articolo sulla Luna del Diluvio), che nutre la terra, come il latte nutre un bimbo. Rea, la Dea Madre di Creta, spruzzando abbondantemente il cielo di latte dopo la nascita di Zeus diede vita alla Via Lattea. La greca Io, la candida vacca lunare che mutava colore dal bianco (Vergine-Luna Crescente), al rosso (Madre-Luna Piena) al nero (Anziana-Luna Calante). In Irlanda, Io era chiamata Glas Gabhnach, “la verde chiusa nel recinto”, perché, pur dando latte a fiumi non partorì mai un vitello (Io è una dea vergine) e che diede alla Via Lattea il nome di Bothar-bò-finné, “sentiero della vacca bianca”. Le irlandesi Bò Find (“Mucca Bianca”), Bò Ruadh (“Mucca Rossa”) e Bò Dhu (“Mucca Nera”) che rappresentano la Dea Luna nei suoi tre aspetti. E ancora: l’egizia Hathor, dea dell’amore a cui erano sacre le mucche, la dea Damona, il cui nome significa “Mucca Divina” o “Mucca Bianca” e le stesse Iside ed Era, talvolta venerate nell’aspetto di mucche.
Anche il dio Manannan, oltre a possedere “sette maiali magici in grado di nutrire il mondo”, aveva delle mucche, le crodh mara (“il bestiame del mare”), tre delle quali erano una bianca, una rossa e una nera.

In un episodio della saga di Cuchulainn, egli (che come figlio di Lugh riveste il ruolo di Maponos) e i suoi compagni fanno una rapida incursione nell’Altromondo, riportando la vergine Blathnat assieme ai suoi attributi. Il nome di questa dea significa Piccolo Fiore, e probabilmente corrisponde alla Blodeuwedd gallese, rappresentando la Vergine dei Fiori. Si narra che ella viaggiasse con tre mucche attaccate al suo calderone magico e che esigesse che gli eroi la servissero con imprese di forza sovrumana. Cuchulainn e i suoi compagni, insieme ad ella, portano sulle terra le tre mucche, simbolo dell’energia femminile che alberga nel sottosuolo e nelle profondità, e il calderone, simbolo di abbondanza. Troviamo quindi una struttura simile a quella del racconto di Kulhwch ac Olwen, in cui altre prove che Kulhwch deve affrontare consistono nell’ottenere il cesto di Gwyddneu Garanhir (“se il mondo intero dovesse averne bisogno tutti vi troverebbero dentro il cibo che desiderano”), il corno di Gwlgawd Gododin (“per servire le bevande al matrimonio di Olwen”), e il calderone di Diwrnach Wyddel (“dove cucinare il cibo per il banchetto nuziale”).
Se in mano a Ceridwen esso era il Calderone dell’Ispirazione, associato al lavoro interiore svolto nei mesi scorsi, ora esso si manifesta come Calderone dell’Abbondanza, associato a Dagda. Dagda è un Dio Solare associato a questo periodo, padre di Oengus Mac Oc (il corrispondente irlandese di Mabon) detto Mac in Dà Oc (“figlio dei due giovani”). Dagda concepì Oeungus nell’unione con la Dea Boann, o, in altra versione, con la Dea Morrigan, dopo aver dato prova di voracità, mangiando con un grande mestolo (nel quale potevano stare sdraiati un uomo e una donna) una quantità enorme di porridge. Naturalmente nel soprannome di Oengus, il termine “giovani” non viene usato in riferimento all’età delle due divinità, dato che esse sono senza tempo, ma piuttosto all’unione della Coppia Divina.
In effetti un tempo la mucca era associata a Morrigan, il cui nome significa “Grande Regina”, prima che quest’ultima assumesse il ruolo di Signore della Morte e della Battaglia, quando ancora rappresentava la Sovranità, a cui doveva unirsi il re all’atto della salita al trono. E’ probabile che Morrigan sia passata nella Saga di Artù nel personaggio di Morgana, e si narra che Gawain fosse uno dei cavalieri di Morgana e che venne sostituito dalla figura di Galahad nella cerca del Graal perché considerato troppo vicino al paganesimo.
Un’altra immagine ben nota del Calderone associata alla metà luminosa dell’anno è quello della Cornucopia, o Corno dell’Abbondanza, che trabocca di cibo e bevande non appena lo si desideri, e che è in realtà non è altro che un corno di vacca. Ma anche il Sacco di Rhiannon, nel racconto del primo ramo del Mabinogion Il Principe dell’Annwn, può essere considerato assimilato al Calderone. Come sappiamo, per ingannare Gwawl, e poter portare Rhiannon nel mondo degli uomini e sposarla, Pwyll si presenta al banchetto nuziale di lei e Gwawl, chiedendogli di riempire il sacco che la dea gli aveva regalato con del cibo fino all’orlo. Ma il sacco è in realtà fatato, e nonostante ogni boccone di cibo venga lì riposto, esso rimane vuoto. Alla fine con uno stratagemma, Pwyll farà cadere anche Gwawl dentro al sacco, e riuscirà a sposare Rhiannon. Parlando di questa Dea, Taraglio scrive: “Rhiannon è legata al simbolo celeste degli uccelli. Infatti, nel racconto di Kulhwch ac Olwen vengono citati gli uccelli di Rhiannon, magici volatili capaci di risvegliare i morti e far addormentare i vivi per sette anni in un sonno beato, facendo dimenticare i momenti dolorosi e annullando il tempo. […] Spesso è conosciuta con il nome di Rigantona, “Grande Regina”, lo stesso dell’irlandese Morrigan”. E’ interessante notare il legame originario tra Morrigan, signora dei corvi, e Rigantona/Rhiannon, signora degli uccelli, nel loro aspetto di Sovranità. La stessa Griannon, Grainne o Grania, signora del grano, del raccolto e del sole splendente (un po’ il corrispettivo di Demetra, che come sappiamo è associata a Rhiannon), nel racconto Diarmuid e Grainne è chiamata “figlia del Re”, a sottolineare il suo legame con la Sovranità. Tutte le donne irlandesi erano considerate figlie di questa dea e per questo vivevano nelle cosiddette “case del sole”, griannon o griabnan, case aperte, senza tetto, a sottolineare il rapporto con il sole, e quindi con il cielo e con gli uccelli.
E’ plausibile pensare che il sacco di Rhiannon, sia lo stesso che compare nel terzo ramo dei Mabinogion associato a Manawyddan, suo consorte. Il corrispettivo irlandese del gallese Manawyddan, è Manannan, un eroe solare goedelico predecessore di Fionn e Cuchulainn, e anche a lui è associata una magica sacca fatta di pelle di gru, in cui egli portò i “tesori del mare” (ossia l’alfabeto segreto dei popoli del mare). In questa veste però, la sacca torna a rappresentare il Calderone dell’Ispirazione.
A proposito della gru, in La Dea Bianca Graves scrive: S [il mese del salice] è il mese in cui gli uccelli fanno il nido. Nel Can y Meirch (“Canzone dei cavalli”) di Gwion è interpolata una serie incompleta di versi introdotti da “io sono stato”, uno dei quali suona: “Io sono stato una gru su un muro, mirabile a vedersi”. I salici sono associati alla Dea e le gru depongono le uova in boschetti di salice. Esse erano animali sacri per i greci. “Una gru compare come parte di un bassorilievo gallico a Parigi e in un altro a Trèves, associata al dio Eso e ad un toro.
Gru, falco o avvoltoio? E’ una domanda importante. […] Il termine gallese comune per falco è gwalch. […] I nomi mistici Gwalchmai (“falco di maggio”), Gwalchaved (“falco d’estate”), meglio noto come Sir Galahad, e Gwalchgwyn (“falco bianco”), meglio noto come Sir Gawain si comprendono assai meglio se letti alla luce di questa formula calendariale”.

La prima impresa di Fionn Mc Cumhaill (o Finn Mc Cool), il cui vero nome era Demne (“Daino”), fu quella di impadronirsi della borsa dei tesori del clan rivale (il clan di Morna), borsa fatta con pelle di gru che portò a suo zio e ad alcuni anziani capi del clan di suo padre, mentre lui si diresse verso le sorgenti del fiume Boyne per imparare la poesia. Questa borsa divento poi la Sacca di Gru o Sacca del Tesoro dei Fianna, che conteneva diversi oggetti dalle proprietà magiche, alcuni dei quali appartenenti a Manannan. La leggenda vuole infatti che questa borsa sia stata confezionata con la pelle della Dea Aoife. Aoife sposò Llyr, e, per gelosia, trasformò i suoi figli adottivi in cigni. Poi sposò Manannan Mc Llyr (o, in altre versioni, divenne amante di Ilbrec, figlio di questo Dio), e si narra che gli rubò l’Alfabeto Segreto della Conoscenza agli Dei per donarlo agli uomini. Per questo fu punita trasformata in una gru, ma ella confezionò una sacca con la sua stessa pelle, e riuscì a donare agli uomini l’alfabeto che aveva rubato, prima di essere uccisa.
Quindi, la sacca di gru torna ciclicamente a rappresentare il Calderone dell’Ispirazione (quando contiene l’alfabeto) e quello dell’Abbondanza (quando contiene cibo o tesori). La gru è un animale solare che annuncia e reca nuova vita come l’airone e i cigni. Di essa, Taraglio scrive: “Appare talvolta sulla schiena di cavalli dalla testa umana o di tori, come il Tarvos Trigaranus (il “Toro dalle Tre Gru”), e ha un legame con il calderone, simbolo di iniziazione e di trasformazione. […] I suoi tre colori, bianco, rosso e nero, la fanno una degna rappresentante della Dea”.

Note: Testo di Jlandra.
Vietata qualsiasi riproduzione senza il consenso dell'autrice.

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Note: Testo di Jlandra.
Vietata qualsiasi riproduzione senza il consenso dell'autrice.
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Re: VII IL FALCO (Punti: 1)
da Argante (isiabbi@hotmail.com) 17 Mag 2009 - 13:07
(Info utente | Invia il messaggio) http://)
Questo è l'articolo relativo alla lunzione appena finita. Ci scusiamo per il ritardo. La lunazione attuale verrà pubblicata entro pochi giorni.






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