Ynis Afallach Tuath

Carataco e Cartimandua

Articoli / Celti
Inviato da Euphorbia 04 Nov 2009 - 17:08

Carataco e Cartimandua furono due figure chiave nel periodo della conquista britannica da parte dei romani. Un uomo e una donna, due principi, due grandi capi, vissuti nello stesso periodo storico , ma con due visioni completamente diverse della vita, della loro Terra e del modo di regnare. Entrambi passionali ed umani, forti ed intelligenti. Seguirono la loro strada a testa alta, portando avanti le loro idee, diametralmente opposte, giuste o sbagliate che fossero, continuando a lottare fino alla fine. Le loro vite, completamente differenti si incrociarono solo per un momento nel corso della storia ed il loro incontro fu tutt'altro che piacevole.

I Celti britannici non erano un unico grande popolo, con un'identità culturale ben definita, ma era formato da un gran numero di tribù, ciascuna stanziata su un territorio ben definito. Grazie alle opere di storici latini, tra cui Dione Cassio, Giulio Cesare e Diodoro, i nomi delle diverse tribù ci sono noti, ma solo in forma latinizzata.


Tribù celtiche in Britannia ed Irlanda da Microsoft Encarta© Microsoft Corporation.


Carataco.
“Sono disposto a cadere combattendo, aggiunse Caratac, ma preferirei non sapere che sono condannato ancor prima di cominciare! Quando si sporse in avanti, il riflesso del fuoco illuminò i suoi capelli rossi. Non aveva una figura regale come il fratello maggiore, tuttavia, benché parlasse e si rivolgesse con rispetto a Togodumnos, Boudica giudicò che dei due lui fosse, se non il più intelligente, di certo il più energico.” (La dea della guerra - Marion Zimmer Bradley & Diana L. Paxson, cit. pag. 51)

Carataco, vissuto tra il 15 e il 51 d.C fu un principe britannico ed una figura chiave per la resistenza della Britannia contro le invasioni romane durante l'impero di Claudio Cesare Augusto, avvenute tra il 43 e il 51 d.C .
Carataco, latinizzato in Caratacus o Caratacos è un nome celtico, la cui radice sembrerebbe derivare da kara- che significa “amare”, in gallese câr ed in irlandese antico caraid. Alcune fonti lo identificano con le figure leggendarie del gallese Caradog (o Caradoc o Caradawg) e del re britannico Arvirargo, di cui parla Goffredo di Monmouth nell'Historia Regum Britanniae, ma non ci sono testimonianze certe.

Carataco era uno dei figli di Cunobelino, capo dei Catuvellauni e dei Trinovanti. I possedimenti della tribù dei Catuvellauni, nome che forse significa "divinità in battaglia" o "comandanti in battaglia", si estendevano a nord del Tamigi e e a ovest del popolo dei Trinovanti. Il territorio di questi ultimi, invece, si trovava sul lato settentrionale dell'estuario del Tamigi nell'Essex e nel Suffolk. Il loro nome significa "davvero nuovo", forse nel senso di "novizi" o "neofiti" la loro capitale era Camulodunum, oggi Colchester, che successivamente diventò la capitale di tutto il territorio di Cunobelino.
Alla sua morte Cunobelino lasciò, quindi, il suo regno nelle mani dei suoi figli Togmundo e Carataco, che a differenza del padre non tentarono di mantenere buoni rapporti con Roma. Cunobelino aveva anche un terzo figlio, Adminio, a cui erano stata affidata la gestione dei territori corrispondenti all'odierno Kent, ma che in quel periodo si trovava in esilio. Non ci è dato sapere se Adminio fosse realmente un fratello di Carataco, ma sicuramente sappiamo che chiese aiuto ai Romani per poter riacquistare il suo potere.

Dopo aver ascoltato le richieste di Adminio, Claudio decise di preparare ed inviare in Britannia una spedizione di aiuto, con la quale, probabilmente, si prefiggeva due scopi: aiutare l'alleato Adminio a recuperare i possedimenti che gli spettavano di diritto e ricollocare sul trono Verica, re degli Atrebati.
Gli Atrebati possedevano il moderno Hampshire, il Sussex occidentale e il Surrey ed il loro centro di riferimento era Calleva Atrebatum, l'odierna Silchester, la capitale. Il territorio degli Atrebati era stato pressato per lungo tempo dall'espansione dei Catuvellauni e Verica era stato sconfitto e cacciato prima da Epaticco, fratello di Cunobelino, e successivamente da Carataco. Così Verica fuggì a Roma e diede all'imperatore Claudio uno dei pretesti per riprendere le spedizioni in Britannia.
L'imperatore affidò la spedizione ad Aulo Plauzio, senatore di alto rango, che era stato console per 14 anni sotto l'imperatore Tiberio. Nel 43 d.C. Il comandante Plauzio e il suo esercito riuscirono a sbarcare nel Kent, a Richborough, nei pressi di Sandwich sulla costa orientale dell'Inghilterra, oggi lontano dal mare, ma dove si possono trovare i resti di Rutupiae, un importante insediamento romano, che poi divenne uno dei principali porti della Britannia romana.
Una volta appresa la notizia dello sbarco romano, le tribù celtiche si riunirono sotto il comando di Togmundo e Carataco, pronte a difendere la propria terra. L'esercito britannico era formato da coraggiosi e abili guerrieri provenienti, però, da tribù differenti e questa mancanza di unità li portò a terribili sconfitte.

La prima grande battaglia avvenne nel 43 d.C proprio nel Kent, non lontano dal luogo dello sbarco, sulle rive del fiume Medway. I Britanni erano convinti di poter aver il tempo di organizzarsi, in quanto il fiume Medway non disponeva di un ponte che potesse garantire il passaggio; non avevano fatto i conti, però, con alcune truppe speciali di cui l'esercito romano disponeva. Infatti, tra le fila romane, erano presenti moltissimi mercenari Galli, uomini molto temuti poiché erano abituati ad affrontare territori impervi. I mercenari, senza mostrare la minima paura, riuscirono a guadare il fiume portandosi dietro tutto il loro equipaggiamento e, come prima cosa, attaccarono i cavalli, rendendo così impossibili le tattiche di difesa britanniche. Terrorizzarono e distrussero molti accampamenti e i Celti subirono talmente tante perdite che furono costretti a ritirarsi verso le sponde del Tamigi, dove speravano di sfruttare un maggiore vantaggio strategico.
Purtroppo non fu così e dopo un'altra disastrosa battaglia, in cui Togmundo perse la vita, Carataco fu costretto a fuggire e a rifugiarsi nel Galles.

Mentre Carataco fuggiva verso ovest, Claudio raggiunse il comandante Plauzio, portando con se molti rinforzi, tra cui alcuni elefanti che risultarono inutilizzabili nel territorio britannico. Assieme attraversarono il Tamigi e riuscirono ad espugnare Camulodunum, vincendo l'imponente sistema di difesa costituito da terrapieni situati a ovest e a sud della città, e presero possesso del palazzo di Cunobelino. La città divenne prima fortezza legionaria e successivamente una importante centro romano chiamato Colonia Claudia Victricensis. In questo modo la resa dei Catuvellani portò alla sottomissione volontaria o forzata delle tribù vicine. Nel 47d.C. Aulus Plautius lasciò la Britannia e tornò a Roma, dove ricevette tutti gli onori dedicati ad un eroe. Il governatore romano Publio Ostorio Scapula prese il suo posto nelle compagne britanniche.

Una volta giunto in Galles, Carataco iniziò una proficua propaganda anti-romana, passò di tribù in tribù esortando i figli di coloro che avevano combattuto contro Giulio Cesare a lottare per la libertà. Per i suoi meriti venne eletto capo dei Siluri e degli Ordovici (Ordo-vic- probabilmente significa "coloro che combattono con il martello”), tribù gallesi con una forte tradizione militare.
I romani si dovettero scontrare contro i Siluri per alcuni anni e Carataco, deciso a non commettere gli errori passati, conquistò molte vittorie. Sceglieva con cura i campi di battaglia, in modo da poter sfruttare le caratteristiche del territorio a suo favore e facendo in modo che le legioni romane fossero sempre in una situazione di svantaggio. Durante queste battaglie i druidi dell'Isola di Mona, l'attuale Anglesey, giocarono un ruolo fondamentale offendo il loro supporto morale, elemento indispensabile poiché rendeva gli uomini consapevoli di avere un'identità culturale comune anche se appartenenti a tribù differenti. Nel 50 d.C. la fortuna di Carataco si esaurì, infatti venne sconfitto nella Battaglia di Caer Caradoc. Caer Caradoc è una collina dello Shropshire, il cui nome in gallese significa fortezza di Caradoc, Carataco appunto. Sulla sua sommità è possibile ancora trovare i resti di una fortificazione britannica databili all'Età del Ferro o alla tarda Età del Bronzo.
Per questa battaglia Carataco aveva scelto con grande cura la sua posizione, il terreno era delimitato da un lato da aspre montagne, i cui passi erano stati bloccati da massi, dall'altro lato c'era un fiume, probabilmente il Severn, difficile da attraversare. Nonostante tutto i romani riuscirono a raggiungere le fila britanniche, a schivare le armi da lancio grazie alla loro formazione a testuggine ed a sconfiggere l'esercito celtico grazie alla loro superiorità nella lotta corpo a corpo. Non solo i ribelli vennero sconfitti dalle superiori abilità strategiche dei romani, perdendo, così, ogni speranza di indipendenza, ma la moglie e la figlia di Carataco vennero catturate. Carataco, invece, riuscì nuovamente a scappare e si rifugiò presso Cartimandua, regina dei Briganti, una tribù della Britannia settentrionale, confidando nella sua parola e nella sua lealtà. Non sapeva, però, che Cartimandua era un'alleata dei romani e così venne tradito e consegnato ai romani nel 51 d.C.
Fu trascinato in catene a Roma assieme alla sua famiglia e messo in mostra, come un trofeo, nella pubblica piazza durante le celebrazioni per la vittoria. Tacito ci racconta che, senza mostrare alcun timore, Carataco guardò verso la tribuna dell'imperatore Claudio e disse:” (...)Se io fossi stato portato qui dopo essermi arreso senza resistere, né la mia presenza qui, né la tua gloria avrebbero destato tanto scalpore. Il mio supplizio, poi, sarebbe caduto nel nulla. Ma ora, se tu mi lascerai vivere, sarò una continua testimonianza della tua misericordia.” (Tacito, Annales XII, 37)


Caratacus Being Paraded By The Emperor Claudius di Thomas Davidson

Colpito da queste parole Claudio gli concesse la grazia e sembra che Carataco e la sua famiglia trascorsero gli ultimi anni della loro vita a Roma.

Cartimandua
“Cartimandua si girò di scatto, i lunghi e lucidi capelli neri che si agitavano come la coda dello snello pony da cui prendeva il nome. Piccola e aggraziata, doveva il suo sangue reale alle tribù che avevano governato quella terra da quando i principi belgi erano arrivati dalla Gallia.” (La dea della guerra - Marion Zimmer Bradley & Diana L. Paxson, cit. pag. 127)
Il nome Cartimandua è certamente celtico. Il significato del primo elemento è incerto, mentre il secondo elemento significa “pony” o comunque “piccolo cavallo”.


Cartimandua di William Whitaker

La donna celtica godeva di diritti paritari a quelli dell'uomo. Poteva possedere bestiame, ricchezze e terreni e quindi ottenere un grado sociale elevato. Per questo motivo non c'è da stupirsi se una donna poteva diventare regina e guidare in battaglia il proprio popolo. La regina aveva diritto ad un terzo del bottino di guerra e le imposte che riceveva per il pagamento di spese penali erano spesso devolute in monili.
Cartimandua fu regina dei Briganti, tribù indipendente del nord della Britannia tra il 43 e il 69 d.C.. Era sposata, probabilmente per ragioni politiche e militari, con Venuzio, principe britannico, appartenete al popolo dei Carvezi. conosciuto come un uomo fiero e valoroso guerriero che odiava profondamente Roma.
L'alleanza che Cartimandua stipulò con Roma, creò numerosi problemi nel suo matrimonio, problemi talmente gravi che ben presto portarono alla rottura, perché Venuzio non voleva scendere a patti con gli invasori.
Per proteggersi dal marito si vide costretta a chiedere aiuto al governatore romano Aulo Didio Gallo e solo dopo un intervento militare, lei ed il marito si riappacificarono. Nel 51d.C, con l'inganno, riuscì a catturare Carataco, lo incatenò e, rispettando gli accordi presi con Roma, lo consegnò loro. Dopo questo affronto e tradimento nei confronti della propria Terra e del proprio popolo, i rapporti con il marito si fecero ancora più aspri. Infatti, non solo aveva catturato e consegnato nelle mani del nemico il capo della resistenza britannica, ma l'aveva anche fatto incatenare e questo era considerato un disonore, essendo Carataco un prigioniero di alto rango.
Venuzio, grazie alle sue qualità e alla fedeltà nei confronti della sua Terra era amato dai ribelli e ben presto divenne il nuovo capo della resistenza britannica. A questo punto il suo rapporto con la moglie si ruppe a tal punto che Cartimandua decise di ripudiare il marito e di annullare il loro matrimonio.
Dopo poco tempo Cartimandua si innamorò perdutamente di Vellocato, un soldato del suo esercito, che era stato uno scudiero di Venuzio. Lo amava a tal punto che, quando si sposarono, non condivise con lui solo il matrimonio, ma anche il governo del suo popolo. La tribù dei Briganti, però, non vedeva favorevolmente il comportamento della regina, anzi, lo trovava disdicevole. Molti uomini, quindi, si allearono con la resistenza per aiutare Venuzio a recuperare il potere. Sebbene Cartimandua tenesse in ostaggio il fratello e alcuni familiari di Venuzio, nel 57 d.C. egli riuscì a mettere Cartimandua in una condizione così disperata, che la regina si vide costretta a chiedere nuovamente aiuto a Roma. I romani, però, mandarono delle coorti di ausiliari a difendere la loro alleata e solo il successivo intervento della IX Hispana, comandata da Cesio Nasica, pose fine alla ribellione.
Nel 69 d.C. Venuzio preparò una nuova invasione. Questa volta i Romani non riuscirono ad inviare abbastanza rinforzi per proteggere la regina, presi com'erano dal caos causato dalla morte dell'imperatore Nerone. Cartimandua e Vellocato riuscirono ugualmente a scappare, lasciando Venuzio come re dei Briganti. Da questo momento, però, non si hanno più notizie della regina, né della sua sorte.

Bibliografia:

Birley A. R. (2005). The Roman government of Britain.
Oxford University Press

Cassio D. Storia romana LX, 19-22.
Vol. VI - Libri LVII-LXIII BUR Biblioteca Univ. Rizzoli

Davies N. (2007). Isole. Storia dell'Inghilterra, della Scozia, del Galles e dell'Irlanda
Bruno Mondadori

Fasolini D. (2006). Aggiornamento bibliografico ed epigrafico ragionato sull'imperatore Claudio.
Edizioni Vita e Pensiero collana Strumenti/Storia/Contributi

Frere S.S. (1987). Britannia – A History of Roman Britain.
Oxford University Press

Hodgkin T. (1906). The Political History of England in Twelve volumes - Vol I -The History of England: From the Earliest Times to the Norman Conquest.
Edizioni Longmans Green and Co, London

Koch J.T. (2006). Celtic Culture – A Historical Encyclopedia
Edizioni ABC-CLIO Ltd

Salisbury J.E. (2001). Encyclopedia of women in the ancient world
Edizioni ABC-CLIO Ltd

Tacito P.C. Annali XII,31-40
Edizioni Mondadori

Taraglio R. (2001). Il Vischio e la Quercia
L'Età dell'Acquario

Webster G. (1978). Boudica.The British Revolt Against Rome AD 60
Edizioni Rowman & Littlefield Pub Inc

Zimmer B.M. & Paxson D. (2008). La dea della guerra.
Longanesi Editore

http://www.britannica.com/
http://en.wikipedia.org
http://it.wikipedia.org
http://www.williamwhitaker.com/
http://it.encarta.msn.com/

Testo di Euphorbia e Anya

Questo articolo è stato inviato da Ynis Afallach Tuath
  http://www.ynis-afallach-tuath.com/public/

La URL di questo articolo è:
  http://www.ynis-afallach-tuath.com/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=297