Ynis Afallach Tuath

SANTE, DEE, EROINE E SAGGE DONNE: il calendario al femminile. MARZO

Articoli / Lunologia
Inviato da Argante 27 Feb 2010 - 16:52

Il mese dell’equinozio di primavera porta il nome di un grande guerriero Marte, Martius in latino, che ai tempi dei romani apriva l’anno come primo mese del calendario romano. La forza del guerriero era, nel mondo patriarcale, necessaria per aprire la porta alla nuova stagione come facevano i soldati che violentavano sistematicamente le donne dei popoli conquistati per fecondarle e dare vita ad una nuova razza, quella appunto dei vincitori.

CIBELE DEA DELLA TERRA

Ma nell’antica tradizione femminile pacifica e agricola, questo mese era dedicato ai riti di rinascita e resurrezione dai quali attinse poi così tanto il cristianesimo. “Un antico rito della Frigia anatolica (l’attuale Turchia) narra che la madre degli dei Cibele dormiva dopo aver assunto la forma di una roccia. Zeus le salì sopra e cercò di violentarla, ma non riuscendo a penetrarla eiaculò sul terreno. Ma anche il terreno era Cibele, la Madre Terra e così essa concepì un figlio. Il ragazzo di questo conflitto non risolto fu l’ermafrodita Agdistis, un ragazzo antipatico e violento come c’era da aspettarsi da un simile modo di essere concepiti. Il dio del vino Dioniso lo drogò con l’alcool e per ordine degli dei che non ne potevano più di lui, legò il suo membro ad un albero in modo che venisse strappato al suo risveglio. Ma Agdistis morì per la ferita riportata e dal suo sangue scaturì un bellissimo melograno, o secondo alcuni un mandorlo. Da questo albero un giorno la ninfa Nana colse un frutto e lo poggiò sul proprio grembo, ne restò fecondata e mise al mondo un bambino bellissimo, che chiamò Attis. Cibale vedendolo se ne innamorò perdutamente diventando di una folle gelosia al punto che, quando Attis adulto si volle sposare, lei lo spinse alla follia. Attis si evirò il giorno delle nozze spargendo il suo sangue sulla terra e morendo dissanguato. Dal suo sangue nacquero viole mammole, il primo fiore di primavera”. In alcune versioni Attis viene trasformato in un pino, albero sempreverde che ricorda, come a Natale, la perenne rinascita della vita.

Qui incontriamo uno dei grandi temi della vita emotiva femminile, la nascita di un figlio che diventa centro della vita di una donna e spesso sostituisce il partner nella relazione affettiva. Sappiamo come gli uomini si sentano spodestati dalla nascita di un figlio, diventando spesso gelosi delle attenzioni totalizzanti che la donna/madre riversa sul piccolo nato. E sappiamo come l’identificazione della madre con il figlio porti la donna a dimenticare sé stessa, la sua realizzazione, i suoi bisogni per dedicarsi anima e corpo a crescere questo bambino e a non lasciarlo andare neanche quando, adulto, può vivere da solo la sua vita. L’alto tasso di depressioni che colpisce le donne quando il figlio lascia la casa materna per sposarsi testimonia quanto noi donne “sposiamo” nostro figlio e ci sentiamo tradite quando lui reclama la sua libertà. Troppe volte non capiamo che l’eccessiva sollecitudine, l’amare troppo, attiva la peggiore debolezza dell’ altro, lo tiene in una condizione infantile, lo priva della propria personalità e lo rende quindi impotente e passivo. Per questo i miti ci dicono che il figlio va “sacrificato” perché possa rinascere come uomo. Quando il figlio si scontra con il rifiuto della madre di viziarlo o di tenerlo al riparo dalle difficoltà, ottiene in tal modo la forza di affrontare da solo le difficoltà reali, di accettare la realtà della situazione e di rinunciare alla sua richiesta di essere coccolato e provveduto dalla madre in tutti i suoi bisogni.
Il mito dice che il figlio viene sacrificato per decisione e con il consenso della madre: in questi miti la madre non è una ma duplice. Possiede due aspetti: in quello luminoso è compassionevole, piena di amore materno e di pietà, mentre nel suo aspetto oscuro è feroce e terribile e non tollera la dipendenza infantile del figlio. L’attaccamento di lui la indebolisce, proprio come la sua eccessiva sollecitudine indebolisce lui. Il sacrificio quindi assume un aspetto positivo e il sangue versato diventa fecondo e portatore di nuova vita. I cristiani come già gli ebrei prendono a piene mani da questi antichi miti, sovrapponendo alla figura femminile quella maschile: essi vengono liberati dalla schiavitù spirituale mediante il sangue dell’Agnello e nella resurrezione di Gesù si compie il grande Mistero che la Natura rinnova ogni anno.

E’ importante ricordare che anche nella tradizione cristiana di morte e resurrezione pasquale la figura femminile ha grande importanza: sono le donne piangenti ai piedi della croce a dare forza emotiva a questo momento, ed è una donna, Maria Maddalena, ad avere per prima la consapevolezza della resurrezione. Il simbolo della Pasqua , l’uovo, è senza ombra di dubbio un simbolo femminile di fecondità, come pure la colomba, animale sacro alle dee telluriche, che rappresenta la sublimazione degli istinti e il predominio dello spirito. In Grecia la colomba era l’uccello sacro ad Afrodite e simbolo dell’Eros sublimato. La colomba con un ramoscello d’ulivo nel becco porta a Noè la buona novella che il diluvio è finito e viene successivamente associata a tutte le sante e i santi come simbolo di fedeltà, bontà d’animo e gentilezza. Durante le feste del solstizio di primavera chiamato dai Celti Alban Eilir, festa della Luce, “il dio appariva nei cieli danzando” e colombe venivano liberate come dono e simbolo di libertà. Le donne preparano dolci di grano e li marchiano con una croce, segno solare, a significare che il sole ha compiuto un giro decisivo sul suo asse durante il suo viaggio annuale. I dolci verranno mangiati con le uova sui prati festeggiando con danze circolari e accensione di fuochi propiziatori. Si apre così la stagione degli accoppiamenti, le nozze sacre in cui il Dio e la Dea (personificati spesso da un sacerdote e una sacerdotessa) si accoppiano per propiziare la fertilità. Il Dio Sole inizia a far sentire la sua giovinezza e ad accoppiarsi con la Dea Terra.
Nel calendario cristiano era troppo esprimere significati cosi “sessuali” e pagani perciò troviamo una versione edulcorata dei principi maschile e femminile: S. Giuseppe (19 marzo) è il buon padre per eccellenza, figura maschile non violenta che sostiene e protegge la maternità femminile, e S.Patrizio (17 marzo) patrono d’Irlanda è legato alle tradizioni celtiche dell’equinozio di primavera. La figura di Santa Francesca Romana (9 marzo) riassume in sé le caratteristiche della “buona madre” che pur nel matrimonio e nella cura dei figli non dimentica le donne in difficoltà e fonda nel 1425 la congregazione delle Oblate di Maria, dove trovano rifugio le vergini e le vedove che altrimenti non avrebbero possibilità di vita dignitosa.

Il principio maschile e femminile si uniscono quindi in un ideale di rispetto e di spiritualità preludio all’atto del matrimonio sacro che si svolgerà nei mesi successivi e avrà il suo apice nella festa del solstizio d’estate, la piena maturazione della Natura.

(a cura di Elys)

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