Ynis Afallach Tuath

La Nona Onda, e il significato sacro del numero Nove

Articoli / Avalon
Inviato da Euphorbia 01 Ago 2010 - 13:29

“Nine powers of nine flowers
Nine powers in me combined
Nine buds of plant and tree
Long and white are my fingers
As the ninth wave of the sea”

(tratto da “Hanes Blodeuwedd”, Robert Graves)

Questo sonetto, che descrive la nascita/creazione della Dea gallese Blodeuwedd, porta all’attenzione il collegamento tra la Dea stessa e la “nona onda” del mare, nonché la simbologia del numero 9 che si ripete nella sua storia, introducendo l’argomento che andiamo trattando.

Cos’è la “nona onda”?
Essa ricorre in varie leggende, viene citata dai poeti gallesi1 e ha lasciato traccia persino nel folklore popolare soprattutto irlandese e anglosassone (ma persino quello riguardante gli uomini di mare di tradizione indù...). Dicerie marinaresche tutt’ora si riferiscono spesso a una nona onda (ma anche terza, o decima) come “la più alta”, o “la più potente”, o “la più fragorosa”, o colei la cui schiuma “è più bianca” contro il cui potere nessuno potrebbe nulla.

Ivan Aivazovsky "The ninth wave"(1)


“Wave after wave, each mightier than the last,
Till last, a ninth one, gathering half the deep
And full of voices, slowly rose and plunged
Roaring, and all the wave was in a flame.”

(Alfred Tennyson)

Secondo queste credenze le onde del mare verrebbero in gruppi di nove, ciascuna onda più grande della precedente. Ma ci sono altre particolari credenze, come in Spagna: un particolare potere viene conferito alla successione di nove onde in Galizia, presso la spiaggia di La Lanzada: le donne sterili praticano riti facendosi bagnare da nove onde consecutive nella speranza di rimanere incinte. Le radici di quanto abbiamo appena detto si perdono nell’antichità: dopo la nona onda, guerrieri e allevatori gaelici (ma non marinai) si dice credessero ci fosse il nulla, un po’ come si narra nelle nostre leggende sulle “Colonne d’Ercole”.
Vediamo come esempio l’ “Epopea di Amergin”, un racconto che narra dell’avventura straordinaria di un gruppo di uomini e donne che, in cerca della mitica terra di “Ierne” (Irlanda), lasciano la Galizia (Spagna):

“La loro terra non riusciva più a sostentare tutti e c’era da scegliere tra il morir di fame rimanendo o oltrepassare la “nona onda” per morire o sopravvivere in una terra ricca di pascoli e deserta. Arriveranno a Ierne e, da conquistatori quali erano, la reclameranno, ma dovranno scontrarsi con i saggi Tuatha-De-Danaan, il popolo magico dell’Irlanda, che continuerà ad essere il vero vincitore.
Solo Amergin, bardo e poeta, capirà la grandezza di questo popolo. Solo lui che in realtà era stato da questo popolo chiamato, oltre la nona onda, a quella terra di sogno.”

(Da: L'epopea di Amergin di Llywelyn M.)

La contesa tra i Gaeli e i Thuatha De Danann per il possesso dell’ Irlanda viene risolta poi dal giudizio di Armorgen, al quale il “popolo della Dea Dana” si rivolge, deciderà per il provvisorio ritiro degli invasori Gaeli “oltre la nona onda”.
Ma il limite della “nona onda” rappresentava anche il confine tra terra mortale e “aldilà”, testimoniato dal fatto che nella tradizione celtica “andare oltre la nona onda” significava “morire”, andare oltre cioè il confine del mondo ordinario: al di là dell’oceano si trovava “l’isola sacra del mare occidentale”, l’isola paradisiaca abitata da esseri soprannaturali dove dolore e disgrazia sono assenti.
In questo possiamo scorgere il collegamento fatto all’inizio del nostro ragionamento con Blodeuwedd, creatura appunto “non di questo mondo”, il cui biancore etereo delle dita rimanda alla bianca schiuma della nostra nona onda.
Abbiamo anche l’esempio di Cliodna, appartenente al mitico popolo “Tuatha De Danann”, venerata come Dea del mare, della vita oltre la morte, e della bellezza. Era conosciuta come colei che governava le onde e la sua leggenda narra di come lei si incarni in ogni nona onda, la quale per questo appare più alta e potente delle onde precedenti.
Tutto ritorna e si richiama.
Questa credenza sulla nona onda prosegue anche dopo l’avvento del Cristianesimo e nella tradizione gallese medievale lo stesso Taliesin afferma di essere stato creato dall’acqua della nona onda.
Tutto ciò che abbiamo analizzato fino ad ora richiama l’idea del confine, della fine, del limite, ma non si ferma qui, indica contemporaneamente anche un qualcosa che va oltre a questo. E che esplicheremo meglio affrontando tra breve il significato e la complessa simbologia del numero 9. Ma prima un’ultima curiosità, a fare da raccordo tra le nostre tesi:
Riporto qui una leggenda norrena riguardo al Dio Heimdallr, come riportata da Lorenzo Valle in “Miti nordici e Miti celtici”:
“E' nato dall'alba dei tempi ai confini della terra da nove gigantesse, tutte sorelle, egli siede al limite del cielo e sorveglia il ponte che unisce la terra al mondo degli dei (arcobaleno) per imperdirne l'accesso ai giganti. Il suo compito è quello di vegliare sul cosmo fino a quando i giganti si raduneranno per scontrarsi con gli dei nella battaglia finale che determinerà la distruzione dell'universo e insieme, la nascita di un nuovo mondo e di un nuovo ciclo...... Allora egli suonerà il corno Gjallarhorn, il cui suono si ode per tutti i nove mondi, per dare l'allarme e chiamare gli dei a raccolta. Lui è il guardiano dei cicli, colui che vigila sulla loro corretta successione, impedendo alle forze del male di irrompere nel mondo, nato al limite della terra alle origini del tempo, è legato al principio e alla fine del cosmo. E' detto il "dio Bianco", colore dell'alba, cioè degli inizi.” Aggiungiamo noi: può esso esser anche il biancore della schiuma della nona onda?
Il Dio è collegato all’ARIETE, non solo per il suo appellativo “Halliskioi” (dalle corna piegate). In alcune versioni le 9 gigantesse madri vengono identificate con 9 figlie del gigante marino Aegir. Heimdallr è nato ai margini della terra, che può significare tanto il confine tra terra e mare (come suggerito dallo stesso Valle) ma anche secondo noi confine tra “questa terra” e “l’altra terra”, la terra mitica, la terra degli Dei, l’aldilà.
Continua Valle: “Il dio è definito figlio di una e otto onde, contribuendo a spiegare perché il Dio sia detto figlio di una e otto madri: una sola onda non è sufficiente a creare l’ariete, è necessaria una successione di nove, e anche se è la nona a partorirlo, questo avviene solo perché è stata preceduta dalle altre otto”.
Ritroviamo la nona onda, il numero nove, e sbuca la figura dell’ ARIETE.
Ci viene in aiuto lo storico delle religioni, linguista e filologo Dumézil, che citando la tradizione gallese conferma il fatto che le onde del mare vengano (mitologicamente) in gruppi di nove, aggiungendo che la nona sia l’ARIETE:
“l'ambiente della sua nascita ne fece ciò che è, la schiuma bianca del mare, l'ariete prodotto dalla nona onda”.
Inoltre, l'antica pratica gallese, e quella moderna francese e basca è quella di chiamare le onde in generale con la schiuma bianca pecore.(2)
E qui troviamo una curiosa analogia sempre nel folklore gallese, secondo il quale i pescatori chiamavano la nona onda “l’ariete di Gwenhidwy” (figura femminile a volte citata come Dea, o fata, o sirena. In ogni caso, non di questo mondo, e associata alla potenza del mare), e le altre onde, appunto, “pecore”(3). La prima parte del nome Gwenhidwy pare l’unica comprensibile, nel significato appunto di biancore. Ancora l’analogia con la schiuma delle onde. La mitologia di Gwenhidwy (o Gwenhudwy, Gwenhidw) ha lasciato tracce in documenti frammentati, che ne rivelano la complessità, ma molto è purtroppo andato perduto.(4)

Ma perché la nona onda è simboleggiata dall’ariete?
La risposta viene forse da uno dei metodi preferiti di ricerca degli antichi: l’osservazione. Ecco allora che l’ariete si differenzia dagli altri animali di forma caprina per le sue corna, che girano completamente su se stesse, a formare quasi un cerchio, una spirale.
Partendo dal presupposto che l’intero mondo antico basa culti, saggezze, spiritualità, filosofie su questa forma di cerchio-spirale, viene da sé che un animale che ne porta il simbolo sulla testa possa esser carico di altrettanti significati sacri e simbolici.
Richiamiamo il mito di Heimdallr, come Dio affine alle onde da cui è stato creato, come Dio custode dei cicli, colui che secondo la leggenda suonerà il corno della fine dei tempi, annunciando un terribile scontro tra giganti e Dei che porterà l’epica fine di un’epoca e l’inizio di un’altra: il ragionamento cade automaticamente sul cerchio e sul ciclo, sulla fine (confine) ma anche sul nuovo inizio, tutti concetti richiamati nel suo mito. E le cose appaiono assolutamente collegate.
Se la nostra tesi è giusta, la nona onda porta la completezza di un ciclo, e con la completezza, la sua conclusione. Oltre al quale però c’è altro. L’ariete ne condivide la simbologia.
E anche in astrologia, l'Ariete è il segno che rappresenta la rinascita, è il primo segno dello zodiaco e ha la forza di abbattere le barriere per portare l'anima verso il nuovo ciclo di vita. E' associato all'elemento fuoco, il fuoco della trasformazione e per questo molti alari di focolare sono a forma di testa di ariete.

Anche molte corone di re avevano le corna di questo animale a significare la forza ma anche il potere di vita/morte che il sovrano deteneva.
La situazione mitica legata alla nascita di Heimdallr, partorito dalla nona onda ma solo grazie all’esistenza delle altre otto, stimola ora ulteriormente la necessità di analizzare il significato del numero 9. Argomento questo di cui tratto come conclusione di quanto detto fin’ora, ma che ha in realtà aperto, all’interno del nostro gruppo di studio, le riflessioni contenute in tutto il presente articolo.
Sono molte le culture che abbinano significati importanti a questo numero, e solo tra le tradizioni celtiche è chiamato in causa in innumerevoli leggende/detti/credenze: 9 le Morgen di Avalon, 9 i noccioli del mondo ultraterreno, 9 le direzioni della ruota (8 + centro), in Galles il falò veniva acceso con il legno di 9 alberi diversi portati da 9 uomini, il nono giorno del mese che nelle leggi gallesi poteva indicare l’inizio o la fine di un periodo. E poi abbiamo le nove notti del plenilunio vicino all’equinozio d’autunno, in Galles chiamato “y nawnos olau”, le nove notti spendenti; Bran che si mette in viaggio con tre compagnie di nove uomini ciascuna, con a capo uno dei suoi fratelli di latte; Dagda che con la sua clava può uccidere 9 uomini da un’estremità, e riportarli in vita dall’altra; il mito di Culhwch e Olwen, in cui si dovrà trovare del miele 9 volte più dolce di quello di uno sciame d’api vergine per preparare il bragget; o la tradizione Avaloniana secondo la quale un cerchio perfetto è costituito da nove donne (o 8 + uno spirito)... solo per fare degli esempi. Il 9, l’ultimo numero prima della decina, è numero che simboleggia il tutto. Rappresenta il prodotto del 3 moltiplicato per se stesso, “e sembrerebbe equivalere alle tre dimensioni dello spazio (inferi,terra, cielo) con quelle del tempo (passato, presente, futuro) e per questo rappresenta la compiutezza di un ciclo”(5).

Se rappresenta il tutto, il ciclo, l’intero unito, come mai non è il numero 1, che matematicamente rappresenta l’unità, ad assumere la stessa valenza?
Forse, per intuizione, perché il numero 1 è fermo, statico, mentre il 9 rappresenta l’intero, la compiutezza, ma allo stesso tempo le parti che vanno a formare l’intero stesso: “una sola onda non è sufficiente a creare l’ariete, è necessaria una successione di nove, e anche se è la nona a partorirlo, questo avviene solo perché è stata preceduta dalle altre otto”. E se racchiuso in esso ci fosse anche il concetto di movimento delle parti verso l’unità? In tal caso esso rappresenterebbe sì la compiutezza, l’intero, ma narrerebbe anche del divenire di questa compiutezza: come se ciascun 1/9 trovasse nel 9 la sua meta, la sua completezza e questo ritorno all’intero avesse esso stesso un peso in quanto a movimento, a motore, a ritorno, a tendere a una primigenia unione.
E’ questo un concetto che indica il tendere all’unità come movimento, unità dalla quale si è stati separati, presente in altri concetti mitologici, come quello dell’”incesto sacro” (c’è un fioccare di divinità che sono allo stesso tempo madri e amanti del proprio figlio, ad esempio. Più che un caso di “incesto” sembrerebbe più opportuno leggerlo come una tendenza a riunire ciò che è stato unito in precedenza e poi separato). Questi tentativi di “ritorno” non possono forse essere simbolo dell’intera danza della vita e dell’universo?
Se ciò fosse almeno verosimile, ecco che il 9 (ma anche il 5 o il 7 possono essere equiparati) darebbe significato anche alle stesse parti di esso –ciascuna a detenere una parte del tutto, ciascuna con un preciso peso- e al movimento di esse, mentre il numero 1 sarebbe un unità priva di questo movimento.
Un’ ultima curiosità calzante, il 9 nei tarocchi è associato all’ “Eremita”: raffigurazione del filosofo che segue la Natura, della propria natura come essere umano, che cerchiamo di seguir illuminandoci con la luce spirituale. E forse rappresenta lo sforzo di ognuno di noi per raggiungere la meta, proporzionale all’intensità del desiderio dentro di noi e alla difficoltà dell’ostacolo.

Note:

(1)Il materiale trovato è incompleto e in lingua inglese. Riguarda l’ “Hoienau” of Myrddin:” "I will prophesy before the ninth wave”. Stessa cosa per l’ “Eulogy of Eva”: “Eva, of the hue of the spraying foam before the ninth wave”.

(2) “The connection to the sea, Dumézil finds in the fact that during Ragnarok, Loki takes the form of a seal to fight Heimdallr who apparently has such a look. Also, Heimdallr’s nine mothers are the waves of the sea and Dumézil has found several places in which the waves are compared to sheep (for example) and the ninth to a ram. The foam on top of it, could have given Heimdallr his whiteness. Nice comparisons are made with the Celtic myth about Gwenhidwy from which Dumézil got the information about waves being called ram and giving birth in groups of nine (or “eight plus one”).” Tratto da http://www.gangleri.nl/articles/77/dumezil-on-heimdallr

(3)Dice un proverbio gallese: “Take shelter when you see Gwenhidwy driving her flock ashore”.

(4) “Haid o ddefait Gwenhudwy /a naw hwyrdd yn un â hwy”, “un gregge di pecore di Gwenhudwy e nove arieti con essi” qui nel significato di 9 X 9 “un numero infinito di onde”. Poesia di Rhys Llwyd ap Rhys ap Rhicert che descrive un viaggio a Ynis Enlli (Isola di Bardsey), l’isola dei “ventimila santi”, e la forza con cui le onde si infrangono su di essa.

(5)Lorenzo Valle, “Miti Nordici e Miti Celtici”

Bibliografia e sitografia:

AA.VV. Oxford Journal, “Note and queries”, p. 445 e 512, 1908

Dumézil George, “Gods of ancient Northmen”, 1977

Graves Robert, “The white Goddess”, 1975Valle Lorenzo, “Miti Nordici e Miti Celtici”, 2001

Fletcher S. Bassett, “Legends and superstitions of the sea and of sailors in all lands and all times”, 1885

Robert Southey,Henry Theodore Tuckerman, “The poetical works of Robert Southey”, Vol. 5, 1860 www.gangleri.nl/articles/77/dumezil-on-heimdallr

www.matrifocus.com

www.wikipedia.org

www.ynis-afallach-tuath.com

www.zazzle.co.uk/ghost_ship_series_the_ninth_wave_poster-228766380629901933

Blog:
http://tommy2000it.splinder.com/post/13642861

Articolo redatto da Laura “Ghianda” Oselladore sulla base delle discussioni del gruppo studio 'Sentieri di Avalon'.
Un particolare ringraziamento a: Argante, Berkana, Caillean, Hex, Elys, Violet.


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