Ynis Afallach Tuath

IL FUOCO COME ELEMENTO SIMBOLICO

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Inviato da Caillean 22 Feb 2008 - 17:53

Il fuoco è l’elemento simbolico più importante della festa celtica di Imbolc:
analizziamone insieme i significati nel corso della storia del mondo occidentale fino ai giorni nostri, e iniziamo da una breve introduzione di Laura Rangoni:

Il fuoco occupa un posto di rilievo nel nostro immaginario:
il suo patrimonio simbolico è profondamente radicato in ognuno di noi,
e ci giunge da ricordi ancestrali che hanno dato forma ad un linguaggio simbolico inestinto.

Circa 400.000 ani fa, l’uomo imparò ad utilizzare il fuoco, a controllarlo,
assegnandogli un ruolo di primo piano nella cultura, fino a sacralizzarlo.
Il controllo del fuoco è una capacità esclusiva dell’uomo: ciò determinò un salto di qualità
fondamentale degli ominidi pre-Homo Sapiens dai lontani parenti a quattro zampe.
Salto che ha determinato un divario ancora incolmato e segno limpido nel meccanismo dell’evoluzione.
Il fuoco ha avuto una enorme ricaduta a più livelli sul piano della cultura materiale,
infatti grazie al fuoco l’agricoltura e l’allevamento si sono notevolmente sviluppate,
poiché è stato anche con l’ausilio del fuoco se l’uomo ha iniziato a privilegiare gli stanziamenti fissi,
passando da semplice e improvvisato raccoglitore allo stadio più organizzato di coltivatore.
Il fuoco inoltre ha permesso ai primi artisti del Paleolitico di dedicarsi alla decorazione di alcune siti in caverna,
realizzando opere che oggi sono indicate dagli archeologi come vere e proprie “Cappelle Sistine della preistoria”,
in cui sono raffigurati i miti, le pratiche quotidiane, forse gli aspetti sacrali dell’Homo Sapiens e Sapiens sapiens.
“Dallo studio dei focolari preistorici abbiamo modo di ricostruire molti aspetti della vita dell’uomo delle preistoria,
ricomponendone le vicende semplici, di ordinaria amministrazione, come l’alimentazione,
le attività materiali legate alla lavorazione, ad esempio, della ceramica”,
afferma Stefania Casini, direttrice del Museo Archeologico di Bergamo.

Il fuoco infatti è stato il protagonista in un’altra grande rivoluzione culturale dell’uomo:
ha permesso di plasmare la materia e di farla solidificare nelle forme volute. Oltre alla ceramica,
sono i metalli che hanno avuto dal fuoco la spinta energetica per divenire attrezzi, armi, oggetti per il culto.
Con essi i loro forgiatori hanno via via assunto un ruolo sempre più importante nella cultura,
ammantandosi con un’aura sacra. Ad esempio tra i Fan, una tribù dell’Africa occidentale,
il capo è anche stregone e fabbro, poiché si crede che quel mestiere sia sacro
e solo un capo abbia l’autorità per esercitarlo. Nei paesi dell’Africa del Nord le donne anziane
e i fabbri hanno in comune la possibilità di occupare la posizione di portavoce del gruppo
e di avere maggiore competenza nell’ambito della magia privata e dei riti minori.

Fabbri e sciamani del passato hanno forgiato – è proprio il caso di dirlo -
l’immagine dell'alchimista, conoscitore dei segreti della materia e capace
di sfruttare quelle energie naturali che i comuni mortali possono solo subire.
Possedere il fuoco, nelle varie tradizioni mitologiche e religiose,
ha sempre corrisposto a possedere un bene divino, un patrimonio riservato
solo a quanti hanno la loro dimora nel cielo. E quando quel bene è giunto agli uomini
ciò è stato determinato o da un dono portato come premio, o perché rubato agli dei.
Emblematica in questo senso la vicenda di Prometeo: il personaggio
è universalmente noto per il furto del fuoco a Zeus, ma, ab origine,
era colpevole di una grande trasgressione. Era in grado di costruire statue di notevole perfezione,
ponendosi in concorrenza con la divinità: partendo dall’argilla, volle creare la vita,
secondo un metodo che era patrimonio esclusivo del dio. Ma per la trasmutazione
della materia era necessaria una scintilla di fuoco (secondo l'antica concezione
greca per la quale l'uomo era composto di terra e di fuoco),
perciò egli ideò un’impresa molto ambiziosa: rubare il fuoco a Zeus.

Il padre degli dèi, infuriato per l’affronto, ordinò a Efesto, il fabbro divino,
di forgiare una catena indistruttibile con la quale Prometeo fu legato ad una montagna nel Caucaso,
dove un rapace (aquila o avvoltoio, nelle diverse versioni) gli dilaniava il fegato,
che però si riformava continuamente.

Il fuoco era così ritornato nell’Olimpo. Però, come ben sappiamo, gli uomini,
in un modo o nell’altro, riuscirono comunque ad impossessarsene…

-Laura Rangoni-



Il Fuoco


Molto spesso il fuoco è considerato uno dei quattro elementi, e nella magia occidentale
è generalmente associato alla direzione del sud e al colore rosso. Tuttavia, secondo varie tradizioni antiche,
ed in particolare secondo il pensiero celtico, per quanto possiamo ricavare da testi come quelli di Strabone
e dai racconti della mitologia irlandese trascritti in epoca medioevale, gli elementi sono tre : terra, aria ed acqua,
mentre il fuoco è l’azione, l’energia , la trasformazione degli elementi stessi.
Questo modello tripartito è particolarmente in sintonia con il pensiero celtico ,
che vedeva nel numero tre il simbolo della ciclicità e della completezza, della manifestazione del divino nella realtà.
Il pensiero alchemico è conforme a questo sistema tripartito, essendo il fuoco sostanziale elemento di trasformazione.
Così , se è corretto considerare il fuoco come uno dei quattro elementi ,
è altrettanto importante sottolineare come esso abbia un ruolo differente,
in quanto espressione di energia e trasformazione. In effetti, se riflettiamo sulle nostre attuali conoscenze di chimica e fisica,
gli elementi si trasformano l’uno nell’altro attraverso il fuoco: l’acqua evapora diventando aria,
l’aria si condensa diventando liquida e i solidi si sciolgono in liquidi o bruciano producendo fumo…e cosi via.

Se osserviamo le tradizioni magico-religiose dei popoli occidentali antichi, alcune delle quali sopravvissute
o trasformate fino ai giorni nostri, ci accorgiamo subito dell’importanza fondamentale del fuoco come elemento
trasformatore e rigeneratore. Per esempio, durante l’inverno, nei mesi più freddi come gennaio e febbraio
è ancora in uso in molte località l’accensione di fuochi e falò nei quali vengono a volte gettate
cose vecchie o bigliettini con desideri. Da una parte vediamo quindi il ruolo purificatorio del fuoco
che brucia il vecchio e tutto ciò che deve essere abbandonato. Contemporaneamente, emerge
il valore trasformatore del fuoco: nel falò sono gettati preghiere e desideri che si spera possano
realizzarsi tramite l’azione trasformatrice e catalizzatrice del fuoco.

Spesso nei falò accesi nelle campagne vivevano gettati fantocci di grano rappresentanti l’anno vecchio,
il vecchio raccolto, la “vecia”, una bambola a forma di vecchina che riproduceva la dea della fertilità
e lo spirito stesso del grano. Ecco dunque anche il valore propiziatorio del fuoco.
Inoltre, da sempre, grandi e piccoli roghi vengono accesi per allontanare le tenebre ed il freddo,
per difendere dal male e dalle malattie, attribuendo una funzione anche apotropaica al fuoco.

Sempre nei mesi invernali, intorno al solstizio d’inverno, quando le giornate sono più brevi,
venivano accesi fuochi per propiziare la rinascita del sole, pratica di inconscia magia simpatica
secondo la quale “simile attira simile”. Le moderne luci di natale altro non sono se non una eco
di queste antichissime tradizioni,un tentativo di richiamare e facilitare il ritorno della luce nei bui mesi invernali.
Al contrario, durante l’estate era costume accendere fuochi nei campi per celebrare il massimo splendore del sole,
per ringraziare per il raccolto maturo e propiziare quelli a venire.
Dalle antiche leggende irlandesi, sappiamo che nei mesi primaverili, intorno ad aprile-maggio,
era usanza presso i celti accendere grandi fuochi durante la celebrazione di Beltane,
la festa della fertilità dedicata al dio Belenos, “lo splendente”. Il bestiame viveva fatto passare
nello spazio compreso fra due falò allo scopo di favorirne la riproduzione ed allontanarne le malattie.
Secondo alcuni racconti popolari del nostro paese, nei mesi estivi erano accesi nei campi fuochi
per la benedizione e la celebrazione del raccolto e le giovani coppie di sposi o le giovani donne saltavano
sopra questi fuochi per favorire la fertilità dei campi e di loro stessi. Da questi gesti rituali emerge
il valore del fuoco come simbolo dell’elemento solare maschile fertilizzante e, di nuovo,
anche il significato purificatorio/trasformatore del fuoco.

L’origine di questi rituali si perde nella notte dei tempi e risale con tutta probabilità all’era preistorica.
Possiamo solo immaginare quale fu l’impatto della scoperta del fuoco nella vita di queste genti.
L’uomo preistorico viveva immerso in un mondo che considerava pervaso da forze magiche e spirituali,
oltre la sua comprensione ed il suo controllo. La capacità di accendere un fuoco per riscaldarsi,
allontanare i feroci predatori, cuocere i cibi, rappresentava la differenza fra vita e morte.
Il fuoco era la rappresentazione terrena del sole ,il grande fuoco celeste che permetteva
la vita sulla terra, la illuminava, la rendeva fertile. Era una potente forza magica e spirituale.

Nelle culture di tutti i popoli in ogni parte del mondo è possibile ritrovare il significato magico-rituale del fuoco.
Non è forse vero che nell’immaginario collettivo i popoli primitivi sono spesso rappresentati come un gruppo
di persone nude o con i corpi dipinti che danzano in cerchio intorno ad un grande fuoco, magari al ritmo dei tamburi?
Dalle terre aride dell’Africa, fino alle lande coperte di ghiaccio della Siberia, tutte le culture primitive hanno attribuito
i medesimi significati archetipici al fuoco. In particolare , presso i celti, le quattro feste stagionali più importanti
venivano denominati “portali del fuoco”, in quanto venivano celebrate in particolari momenti astronomici
che segnavano il passaggio del sole e della luna in determinate costellazioni.

I due momenti di transizione fondamentali dell’anno erano Samhain, a novembre,
che segnava l’inizio dell’inverno, e Beltane, a maggio, che segnava l’inizio dell’estate.
Entrambe queste celebrazioni avevano come punto fondamentale dei riti ad esse collegati,
l’accensione di falò rituali. Di Beltane abbiamo già accennato la tradizione di far passare il bestiame
nello spazio fra due fuochi per la benedizione, la purificazione e la fertilità. I fuochi di Beltane erano
la rappresentazione sul piano terreno dell’aumentato potere del sole nei cieli: iniziava la calda stagione estiva,
stagione del raccolto e del massimo splendore del sole. Le celebrazioni agricole pagane
primaverili sopravvissero intatte fino all’arrivo del cristianesimo in Irlanda,
per poi continuare sotto le spoglie di celebrazioni cristiane. Si narra che San Patrizio,
nel tentativo di scoraggiare le celebrazioni pagane, accese nel giorno di Beltane un grande “fuoco pasquale”
su una collina vicina a Tara, violando cosi la legge secondo la quale nessun fuoco poteva essere acceso
prima di quello sacro che i druidi preparavano a Tara.
Ancora oggi il parroco della cittadina di Slane accende a Pasqua un falò sulla medesima collina…

Al contrario, Samhain segnava il passaggio alle tenebre e al gelo dell’inverno. Secondo le antiche leggende irlandesi,
il giorno della vigilia della festa, ogni focolare veniva spento e il popolo restava al buio in attesa che
i druidi accendessero i sacri fuochi sulle colline. Successivamente venivano portate delle torce
nei villaggi e i fuochi domestici erano riaccesi. In questo caso lo spegnimento dei focolari
rappresentava la morte simbolica dell’anno vecchio e l’ingresso nella metà oscura dell’anno,
in cui il sole perdeva gradualmente potenza. Il fuoco rituale serviva per richiamare la luce del sole,
per propiziarne la rinascita al solstizio d’inverno.

Sempre in Irlanda, nel monastero di Kildare bruciò fino al 1600 circa un fuoco sacro perpetuo
alimentato e curato da 19 monache che ricordano molto da vicino la figura romana delle Vestali.
Si dice che il sito in cui sorse il monastero fosse un antico tempio pagano dedicato a Brighid,
la dea celtica del fuoco sacro dell’ispirazione, della guarigione e della creazione che veniva celebrata a Imbolc,
nel mese di febbraio. Si narra che fu badessa di Kildare la stessa Santa Brigida, figura cristianizzata
dell’antica dea pagana, e che il nome di Kildare derivi dall’antico termine gaelico che significa “tempio della quercia”.

La tradizione di un fuoco sacro custodito da vergini è un tema ricorrente in molte mitologie
e spesso il fuoco è associato al calderone, precursore del santo graal e simbolo universale del ventre della Grande Madre della vita.

Come abbiamo accennato, un’altra festa celtica collegata al fuoco è Imbolc, nel mese di febbraio,
che segna la graduale riemersione della natura dal gelo dell’inverno: spuntano i primi fiori, gli alberi
mettono i germogli e nascono gli agnelli, c’è di nuovo abbondanza di latticini e uova dopo le privazioni dell’inverno.
Ancora oggi nel nostro paese si mantiene viva la tradizione della Candelora, ai primi di febbraio,
secondo la quale vengono benedette e accese le candele sacre. In questo caso, il fuoco assume
la valenza di energia di guarigione, fuoco dell’ispirazione poetica e creativa, l’Awen,
ed elemento trasformatore nella creazione dei metalli.

Riguardo quest’ultimo punto, la figura del fabbro è ritenuta magica e sacra presso molte culture occidentali.
Il fabbro, rinchiuso nella sua fucina, modella i metalli a suo piacimento tramite il calore del fuoco.
Il fabbro crea e ri-crea. Nella tradizione nordica abbondano le figure di fabbri magici capaci di creare
spade meravigliose e incantate. Uno splendido simbolo dell’opera di trasformazione interiore,
di affinamento spirituale dell’iniziato ai Misteri, così caro anche alla tradizione alchemica.
Nella tradizione scandinava i fabbri sono spesso esseri soprannaturali,
classicamente Nani, potenti esseri che vivono in città sotterranee e sfruttano l’energico fuoco
delle viscere della terra, le energie telluriche, per creare oggetti magici. In moltissime tradizioni sciamaniche ,
il fuoco è l’elemento di trasformazione per eccellenza, simbolo dell’iniziazione.
L’iniziato si sottopone alla morte e purificazione iniziatica attraverso il fuoco, va incontro
al processo di sublimazione dell’anima attraverso il quale la rozza pietra viene trasformata
in oro purissimo, egli trova la “pietra filosofale”.

Anche nella tradizone greco-romana abbondano le figure simboliche di fabbri magici,
di cui il più noto è sicuramente Vulcano/Efesto.

Infine, per concludere questo breve excursus, vorrei citare alcuni animali e creature associate
simbolicamente all’elemento del fuoco e far notare come esse siano considerati animali totemici
legati all’iniziazione ed alla trasformazione.
Il cigno, animale sacro a Brighid, ritenuto uno psicopompo e un guardiano dell’Altromondo,
è associato all’acqua ed al fuoco :
con le sue candide piume è simbolo al tempo stesso della purificazione e della trasformazione,
poiché appena nato è un “brutto anatroccolo”. Il cigno vive nell’acqua ed è un grosso volatile,
dunque associato anche all’aria, può camminare sulla terra e risulta associato anche a questo elemento,
ma l’associazione più forte è quella con il fuoco,
per via del suo lungo collo che lo rende simile ad un serpente o un drago.

I draghi, creature mitologiche potentissime, collegate all’iniziazione mediante il fuoco,
rappresentano simbolicamente le linee di potere della terra, le Ley lines o correnti di energia
tellurica che gli antichi ben conoscevano. In oriente i draghi rappresentano anche l’energia personale e la kundalini,
l’energia vitale che risiede arrotolata come un serpente alla base della spina dorsale. In Cina i draghi sono ritenuti
animali capaci di portare grande distruzione ma anche grande fortuna, indicando
la duplice natura distruttrice/creatrice del fuoco, e sono spesso associati a dee femminili ed alla luna.
Anche la mitologia occidentale è piena di draghi, simboli archetipici dell’energia femminile e tellurica,
demonizzati dal cristianesimo e resi creature malvagie da sconfiggere e sottomettere.

Simili ai draghi sono i serpenti, simbolo ricorrente di iniziazione ai Misteri della Dea.
Secondo alcune leggende si narra che antichi rituali di incoronazione
di re sacri presso le civiltà dell’antica Europa prevedessero che sul corpo o sulle braccia del sovrano venissero tatuati
dei serpenti come simboli del suo servizio alla Terra e alla Dea.

Il serpente è presente anche nelle culture dell’america centrale come simbolo del fuoco e dell’iniziazione
poiché in quelle terre abbondano serpenti velenosissimi, il cui morso può condurre alla morte o all’estasi,
e riflette dunque ancora una volta la doppia natura del fuoco, la sua potenza distruttrice così temuta
e la sua eguale capacità di purificare e permettere la rinascita e la sopravvivenza.
Come i draghi, anche i serpenti, simbolo dell’energia femminile, vennero demonizzati e divennero il simbolo stesso del male.

Dagli albori della civiltà fino ad oggi, il fuoco continua ad affascinarci con la sua arcana natura e ,
come la Fenice, ci promette rinascita dopo le prove più dure, ci assicura che la cenere
e la morte non sono condizioni definitive ma passaggi da un’esistenza all’altra, da uno stato all’altro,
porte aperte fra i Mondi.


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