Ynis Afallach Tuath

DAL CALDERONE AL GRAAL

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Inviato da Caillean 22 Feb 2008 - 18:00

Chi di noi non ha mai ascoltato da bambino una fiaba nella quale
ci fosse una vecchia strega che rimestava
qualche strana pozione magica ribollente in un calderone?

Chi non ha mai sentito delle leggendarie gesta di Artù ,
Lancillotto, e degli altri cavalieri della Tavola Rotonda
alla ricerca dela sacro Graal?
Il calderone ( e la sua versione versione cristianizzata, cioè il Graal )
è un simbolo antichissimo presente diffusamente nella mitologia occidentale,
soprattutto in quella del Nord Europa,
ed è sopravvissuto in varie forme fino a noi,
diventando un archetipo del nostro inconscio collettivo.
Esaminando i miti e le leggende che lo riguardano,
cercheremo di capire la natura profonda
ed il messaggio simbolico di questo oggetto.
Nella mitologia celtica,
il calderone è diffusamente presente e possiede principalmente tre attributi:

* L’ABBONDANZA ,
come nel caso del calderone del dio Dagda, sempre pieno di cibo;

* LA RINASCITA,
come il calderone di Bran :
se i guerrieri morti in battaglia venivano immersi al suo interno,
ne uscivano vivi e armati, ma non più in grado di parlare.
Ciò allude al fatto che essi avevano affrontato la morte fisica
ma non la “seconda morte”, cioè quella iniziatica,
tramite la quale si raggiungeva la conoscenza dei Misteri
che ai non iniziati dovevano sembrare incomprensibili come una lingua straniera;

* LA CONOSCENZA,
come il calderone di Keridwen,
la cui storia è narrata nel poema gallese medioevale Hanes Taliesin.
Secondo il mito, il giovane Gwion Bach
aveva il compito di rimestare la pozione della Conoscenza
che Keridwen aveva preparato per il figlio Afaggdu.
In un momento di assenza della dea però,
il giovane si scotta un dito e lo porta alla bocca,
ricevendo cosi il dono della suprema conoscenza.
Temendo l’ira di Keridwen, Gwion fugge ,
trasformandosi in vari animali , e la dea infuriata lo insegue,
trasformandosi a sua volta.
Alla fine Gwion diviene un chicco di grano e Keridwen,
in forma di gallina, lo divora.
Trascorse dieci lune,
ella darà alla luce colui che diventerà il grande bardo Taliesin.

Come abbiamo visto, in questi miti ricchi di simbologia,
il calderone è un oggetto magico e sacro,
connesso a prodigi, a divinità potenti e ai regni dell’Altromondo.
Esso è in grado di elargire in egual modo vita, guarigione, abbondanza,
conoscenza, morte, trasformazione, sofferenza.
E’ connesso in particolar modo ai Misteri iniziatici di morte/rinascita/conoscenza.
In realtà esso non è altro che un oggetto simbolico
che rimanda a qualcosa di ancora più grande e sacro:
la sua forma rotondeggiante e cava di recipiente lo ricollega
al grembo della Grande Madre universale:
tramite esso riceviamo la vita
e nel grembo della terra ritornano i semi ed i morti in attesa della rinascita.
Per ottenere guarigione e conoscenza dobbiamo scendere nel grembo buio,
nell’oscurità che alberga in noi , per ricercare i semi della luce.
Le popolazioni nord-europee conoscevano bene questi cicli interiori
intimamente connessi a quelli stagionali ed astronomici di sole e luna:
la loro sopravvivenza dipendeva da questa ciclicità naturale.

Ma come si è arrivati al Graal?

Secondo la famosa leggenda del Re Pescatore,
il giovane cavaliere Parsifal, partito alla ricerca del Graal,
si imbatte in un re ferito ad una coscia.
La ferita non riesce a guarire ed il re vive in una terra desolata.
Nel suo castello ,Parsifal assiste alla prodigiosa apparizione del Graal,
che viene portato in processione da una bellissima fanciulla.
Parsifal ha la possibilità di porre una domanda e,
nel caso essa si riveli esatta, egli potrà ottenere il Graal,
sanando il re e facendo tornare prospera la terra.
Tuttavia Parsifal fallisce,
poiché non trova la domanda giusta, cioè “chi serve il Graal?”.

Questa storia è ricchissima di simbologia riferita
alla concezione celtica della regalità.
Il Re Pescatore è ferito e, non a caso,
l’ingiuria si localizza alla gamba:
secondo lo studioso Robert Graves,
una ferita al tallone o alla coscia
è attributo comune ai grandi Re Sacri della mitologia:
da Adone, ad Achille, a Giacobbe, a Bran.
Questo fatto si riferisce probabilmente ad un antico rituale iniziatico
in cui il re veniva effettivamente ferito ad una gamba o azzoppato,
oppure danzava ritualmente imitando il passo di qualche animale.
Per Re Sacro si intende un sovrano
che ha fatto voto di servire la sua terra,
o meglio,
lo spirito sacro e divino della terra spesso personificato
da una dea o da una sua sacerdotessa.
Nei rituali di incoronazione degli antichi sovrani britannici,
sono stati descritti (per esempio da Giraldus Cambrensis)
l’accoppiamento simbolico e l’uccisione da parte del re di animali bianchi ,
come giumente o vacche che, da tempi antichissimi,
sono animali totemici legati all’aspetto femminile della divinità.
Rituali simili sono presenti anche nei testi vedici,
confermando l’origine indoeuropea degli stessi.

Il destino della terra era strettamente collegato a quello del sovrano:
se questi non regnava degnamente o era malato,
la terra stessa si ammalava.
Questo era il motivo per cui nell’antica Irlanda ,
se il sovrano veniva ferito in battaglia ,
non poteva più regnare e doveva essere sostituito.

Nella leggenda del Re Pescatore,
la condizione desolata del regno è specchio
della ferita interna del sovrano.
Cosa può risanarla?
Ecco comparire il Graal!
E cosa è esattamente il Graal?
Secondo la tradizione
si tratterebbe del calice in cui è stato raccolto il sangue di Cristo o,
alternativamente, il calice usato durante l’Ultima Cena.
E il calice,
in ultima analisi un calderone in miniatura posato su un sottile sostegno,
non potrebbe forse essere la versione cristianizzata del calderone?
Non potrebbe essere un piccolo calderone
innalzato dagli aspetti più terreni e ctoni
che venivano rilegati nell’ambito del peccato?
Secondo alcune teorie, moderne o meno, accreditate o meno,
il Graal sarebbe in realtà stato una metafora per indicare la Maddalena,
compagna di Gesù di Nazareth,
colei che portò in grembo il suo seme.
Cosi, in un certo senso,
il cerchio si chiude e ritorniamo all’immagine del grembo,
simbolo del divino femminino.
E si arriva a comprendere come mai il Graal, nella leggenda,
è custodito da una fanciulla, mentre i cavalieri ne vanno alla ricerca.
Come donne, infatti,
possediamo in noi stesse la comprensione intima del divino femminino,
mentre l’uomo, tramite noi, cerca di ricongiungersi ad essa,
dopo secoli di cultura patriarcale
che hanno lasciato in noi la ferita del Re Pescatore,
la ferita dell’anima derivante dal vivere in una terra desolata
(a tal proposito come non citare la Wasteland di T.S. Eliot),
separata dal principio divino femminile
in grado di sanare e donare nuova vita al mondo.
Attraverso i secoli, dunque, il Graal, questo piccolo,
ineffabile calderone magico in grado di trasformare se stesso,
torna a chiamarci e a chiederci “Chi serve il Graal?”.
Avremo il coraggio di cercare dentro di noi la risposta,
di assumerci la responsabilità che la conoscenza comporta?
Avremo il coraggio di affrontare la Vecchia Strega,
l’Ombra oscura di noi stessi?
Il Graal aspetta e , incessantemente, ci chiama.

-Caillean-

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