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Ynis Afallach Tuath

II RAMO
Venerdì, 22 Febbraio 2008 - 14:06 - 4406 Letture
I Mabinogion e altri testi gallesi Il secondo ramo dei Mabinogion racconta le vicende di Branwen e dei suoi fratelli:
Bran, Manawyddan, Niessen ed Evniessen.

Gli ultimi due sono fratellastri di Branwen ,
nati dallo stupro della loro madre da parte di Euroswydd.
Si tratta di due gemelli che incarnano la contrapposizione bene/male.
Come vedremo, infatti, Niessen è un buon fratello e un fidato consigliere,
mentre Evniessen agisce come colui che provoca la lite e la distruzione.
Bran (Bran "Bendigeid" -il Benedetto-) è il sovrano di Britannia
e come tale concorda, in segno di pace fra le due isole,
il matrimonio dell’incantevole sorella Branwen con il re d’Irlanda Matholwch,
il quale giunge del tutto inaspettatamente in Britannia con un seguito di 13 splendide navi.

Branwen è innamorata ed acconsente di buon grado all’unione,
anche se rimpiange di dover lasciare il suo paese e la sua famiglia.
In Irlanda partorisce al re un figlio , Gwern, ma,
nonostante il lieto ed importante evento,
la sua sorte sarà simile a quella di Rhiannon (regina protagonista del primo Ramo):
una sovrana in terra straniera assai poco amata dai sudditi.
Il giorno del suo matrimonio, il perfido fratello Evniessen
causa un grave oltraggio agli irlandesi:
risentito poiché i fratelli non avevano chiesto il suo parere
su quell’unione da lui disapprovata, mutila in maniera terribile
i cavalli dell’esercito irlandese.

Ricordando l’enorme importanza del cavallo quale animale totemico,
possiamo ben comprendere come tale atto venne considerato un gravissimo oltraggio,
e Bran, per impedire la guerra e ripagare in parte il danno,
deve cedere a Matholwch un oggetto preziosissimo:
un calderone a lui donato da due giganti in fuga dall’Irlanda,
ai quali aveva accordato rifugio in Britannia.
La provenienza del calderone lo identifica immediatamente come un oggetto magico
appartenente all’Altromondo:
i giganti infatti, sono ricollegabili ai Fomori,
antichi abitanti mitici dell’Irlanda simboleggianti
le forze primigenie del Caos.
Inoltre il calderone aveva proprietà miracolose:
se un guerriero morto veniva immerso in esso ne usciva vivo ed armato,
anche se privato del dono della parola.
Si tratta dunque del mitico Calderone della Rinascita:
i guerrieri ne uscivano muti perché avevano affrontato la morte fisica ma non la “seconda morte”,
cioè quella iniziatica, con la conseguente rinascita ad una vita nuova
e benedetta dalla capacità di comprendere gli antichi misteri.
Quei misteri che apparivano come una lingua straniera ai non iniziati.

Nella mitologia celtica esistono tre principali attributi del calderone:
la Rinascita, la Conoscenza e l’Abbondanza.
Esso è il prototipo del Graal, simbolo ultimo del grembo
della Grande Madre e dei misteri iniziatici.

Tornando alla nostra storia, Branwen viene ripudiata dal marito,
stanco delle continue lamentele dei sudditi, e viene mandata a lavorare nelle cucine,
relegata in una buca anticamente usata come forno.
Inoltre, ogni giorno, riceve, in segno di spregio, uno schiaffo dal macellaio
(ricordato come: uno dei "Tre schiaffi funesti").
Branwen sopporta con dignità gli affronti per amore del figlio Gwern
poiché sa che un giorno il fanciullo sarà re, ma insegna anche ad uno stornello a parlare
e lo manda a riferire al fratello Bran la tragica situazione nella quale versa.
Di nuovo troviamo quindi la figura dell’uccello
intimamente connessa ad una divinità femminile e nel ruolo di messaggero divino
(così come era stato per i tre uccelli incantati che volavano attorno a Rhiannon).
Appena Bran apprende dell’oltraggio subito dalla sorella ,
si precipita in Irlanda con il suo esercito,
lasciando in reggenza la Britannia al figlio Caradwag e ad un manipolo di sette uomini.

La figura di Branwen emerge qui come rappresentante di Sovranità,
di cui Bran è il custode.
Branwen è lo spirito stesso della Britannia,
e il calderone identifica Bran come il Re Custode della terra,
esso è infatti un simbolo sacro alla stessa maniera dell’Excalibur di Artù.
Di Bran si dice inoltre che egli era tanto grande
da non poter essere contenuto da alcuna casa.
Le interpretazioni possono essere molteplici:
Graves asserisce che il nome Bran deriva da FEARN , ontano,
l’albero con cui venivano costruite le fondamenta delle capanne
ed i pali che sostenevano le palafitte,
visto e considerato che è particolarmente resistente all’usura da parte dell’acqua.
Dunque una casa non può contenerlo poiché non può
logicamente contenere i sostegni su cui è costruita.
Altra ipotesi è quella secondo la quale le dimensioni di Bran ma,
come vedremo, anche il suo futuro destino,
lo ricollegano alla figura classica del gigante Crono.

Procediamo con ordine per approfondire questo nodo centrale.
Gli uomini di Britannia raggiungono le coste irlandesi sulle loro navi ma Bran,
che è troppo grosso, arriva a nuoto, e gli irlandesi lo credono una gigantesca montagna
che si muove nel mare, fin quando non è Branwen a riconoscerlo.
Gli irlandesi si ritirano spaventati oltre il fiume Shannon
e distruggono tutti i ponti, ma Bran si stende fra le due rive
e fa da ponte per i suoi uomini. In questo punto del testo egli esclama infatti
:” COLUI CHE è PRIMO SIA UN PONTE” .
In altre parole, più una persona ha, più ha il dovere di condividere,
più sa e più deve insegnare.
Il Grande Re è colui che per primo deve combattere per difendere la terra,
dando l’esempio a tutti gli altri.
Gli irlandesi, impauriti dalla furia dell’esercito britannico,
propongono un’offerta di pace a Bran: dietro suggerimento di Branwen
(che ben conosce il fratello e i suoi più segreti desideri),
gli costruiscono un’enorme casa capace di contenerlo.
Inoltre organizzano un banchetto per proclamare Re d’Irlanda il piccolo Gwern, nipote di Bran.
Secondo le antiche culture matrilineari, infatti,
era il figlio della sorella del Re ad ereditare il regno.
Nella grande casa si cela però un tranello:
ad ogni colonna viene appeso un sacco in cui è nascosto un guerriero.
Efniessen, insospettito, chiede dei sacchi e gli viene risposto che dentro vi è solo farina.
Lo scaltro gemello fa allora battere violentemente tutti i sacchi ,
rompendo il cranio ai guerrieri ivi contenuti.

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