AVALON TRIBE ON FB

 

CURRENT MOON


CURRENT MOON

 

I PILASTRI DELLA TRADIZIONE AVALONIANA

 

Siam Fate di Lago...

 

Le Stazioni del Ciclo



Leggendo...

IL CONFRONTO

E' il tempo del Confronto, il momento di affrontare le scelte del nostro Cammino...

 

Menu Categorie

 

Cerca


 

Ynis Afallach Tuath

ALESIA
Venerdì, 22 Febbraio 2008 - 18:32 - 5566 Letture
Celti La battaglia di Alesia

Il capitolo 69 del VII libro inizia con la descrizione accurata della posizione di Alesia
(identificata con Alise Sainte-Reine, nei pressi di Digione).


In aggiunta, davanti ai cippi erano scavate in file incrociate
(obliquis ordinis) delle buche (scrobes) profonde fino a tre piedi,
sul fondo delle quali erano piantati paletti rotondi,
appuntiti con il fuoco (praecuti et praeusti) ad una estremità,
resi più robusti grazie alla terra che veniva pressata appositamente sul fondo della buca stessa;
infine la fossa veniva fatta ricoprire di arbusti per non essere individuata:
vi erano ben 8 file di buche di questo tipo,
che i Romani chiamavano “gigli” (ilium).
Come se non bastasse, Cesare fece anche piantare nel terreno,
davanti ai “gigli”, quelli che vennero chiamati “pungoli” (stimulos):
una serie di dardi lunghi un piede con uncini di ferro (ferreis hamis infixis).
Opere di questo tipo, come non è difficile intuire,
ostacolavano incredibilmente il cammino degli assalitori
e quindi erano preziosissimi alleati dei difensori,
sempre alle prese con la loro scarsità numerica.
Come detto, una volta terminata la costruzione di tali opere difensive verso l’interno,
ovvero verso la rocca di Alesia, per un totale di ben 14 miglia di territorio pianeggiante,
Cesare intraprese l’edificazione di una cerchia di difese esattamente simmetrica
(eiusdem generis ... diversas ab his) sul lato opposto,
ovvero per difendersi da un nemico che fosse arrivato dall’esterno,
come sembrava probabile a giudicare dai rapporti degli informatori,
disertori o esploratori che fossero. Inoltre, per ogni evenienza,
Cesare ordinò di raccogliere frumento per 30 giorni.
Puntuali giunsero i rinforzi dei Galli e si attestarono sulle alture circostanti
le opere difensive romane, provenienti dall’esterno delle fortificazioni:
quanti si trovavano all’interno della roccaforte assediata, a questa vista,
si precipitarono verso l’accampamento di Cesare, a
rmati di graticci (cratibus) per colmare i fossati e dare l’assalto alle mura ( VII, 79 ).

Cesare tuttavia non perse tempo in indugi e fece immediatamente schierare il suo esercito
da ambo i lati delle fortificazioni,
collocando inoltre sentinelle su tutto il perimetro difensivo.
Alla cavalleria il compito di gettarsi all’attacco dei Galli,
che, tra grida ed urla selvagge (clamore et ululatu),
si rincuoravano l’un l’altro e si preparavano in tal modo al combattimento decisivo,
che avrebbe segnato le loro sorti ( VII, 80 ).

Cesare sottolinea l’importanza del momento con una delle sue celebri frasi:

Quod in conspectu omnium res gerebatur neque recte aut turpiter factum celari poterat,
utrosque et laudis cupiditas et timor ignominiae ad uirtutem excitabat.

La battaglia infuriò con esito incerto da mezzogiorno al tramonto,
finchè i Galli ed i loro alleati Germani,
spossati e dopo aver subito numerose perdite,
si ritirarono e quanti avevano sperato nel loro aiuto,
osservando le sorti della battaglia da Alesia,
rientrarono nella cittadella,
abbandonata ormai ogni speranza di poter essere
in qualche modo salvati dall’assedio romano (VII, 80).


Ultimi scontri tra Galli e Romani




Un disegno dell'altura su cui sorgeva Alesia

Vistisi perduti, i Galli giunti di rinforzo misero a punto
un ultimo disperato tentativo di attacco ( VII, 81 ),
da porre in atto esattamente il giorno seguente, nel cuore della notte,
allo scopo di dare una possibilità di sortita agli assediati di Vercingetorige in Alesia:
prepararono un gran numero di graticci, scale ed arpioni (cratium harpagonum),
necesari per dare l’assalto alle mura delle difese romane (munitiones campestres),
finchè non si sentirono pronti.
Quindi si gettarono all’assalto, con forti urla, perchè gli assediati,
sull’altro lato della cerchia delle fortificazioni,
li udissero e partissero anch’essi all’assalto per una sortita.
Vercingetorige, appena udì le grida dei suoi alleati,
con la tromba (dat tuba signum) diede ai suoi il segnale d’attacco.

I soldati romani, la cui posizione ed i cui compiti difensivi sulle mura
erano stati programmati con cura da tempo,
si armarono di fionde da una libbra (fundis libribus) e bersagliarono i Galli
che si invischiavano nei pali aguzzi piantati lungo la fortificazione.
Le macchine da assedio (tormentis) scagliavano dardi (tela) a ripetizione.
Si combatteva nell’oscurità, ed il sangue scorreva copioso da ambo le parti.

I Galli, tuttavia, benchè in un primo tempo sembrassero avere la meglio
grazie alla superiore potenza di fuoco (telorum multitudinem),
non appena finirono a contatto con le trappole (stimulis ... aut scrobes)
predisposte astutamente dai Romani tutt’attorno alle fortificazioni,
ne rimasero prigionieri e finirono esposti ai colpi dei difensori
(ex vallo ac turribus pilis muralibus traiecti interibant).
Poichè l’alba si avvicinava e le difese romane non avevano ceduto in alcun punto
grazie all’attenta opera di ingegneria che ne aveva portato alla costruzione,
i Galli, temendo di essere poi sorpresi alla luce del giorno,
cominciarono a ritirarsi, lasciando incompiuto l’assalto.

Tuttavia Vercingetorige non poteva assolutamente accettare che i suoi si ritirassero,
perchè sapeva che nell’assedio di Alesia
si giocavano i destini non solo suoi ma di tutta la Gallia:
se la rocca fosse caduta ed egli stesso morto o imprigionato in mano ai Romani,
la rivolta da lui stesso scatenata contro l’invasore romano
si sarebbe estinta e con essa ogni speranza di indipendenza per la “sua” Gallia.
Dunque Vercingetorige esce da Alesia,
schiera tutto il materiale accumulato per l’attacco, graticci, pertiche, tettoie mobili
(per dare l’assalto alle mura senza essere trafitti dai dardi
o colpiti dalle pietre scagliate dai difensori sulle mura),
pertiche uncinate
(cratis, longurios, +mulculos, falces reliquaque quae eruptionis causa parauerat)
e parte all’assalto delle mura.
I soldati romani sono in difficoltà nel difendere una costruzione così vasta ( VII, 84 ).

LXXXIV.
Vercingetorix ex arce Alesiae suos conspicatus ex oppido egreditur;
cratis, longurios, +mulculos, falces reliquaque quae eruptionis causa parauerat profert.
Pugnatur uno tempore omnibus locis atque omnia temptantur: quae minime uisa pars firma est, huc concurritur.
Romanorum manus tantis munitionibus distinetur nec facile pluribus locis occurrit.
Multum ad terrendos nostros ualet clamor qui post tergum pugnantibus extitit,
quod suum periculum in aliena uident salute constare:
omnia enim plerumque quae absunt uehementius hominum mentes perturbant.

Sorpresi dall’attacco dei Galli di Vercingetorige, i Romani si trovarono in difficoltà (VII, 85),
e dovettero ricorrere alle grandi doti di stratega di Cesare per riorganizzarsi prontamente
e rintuzzare gli attacchi che da più parti venivano portati alle mura dell’accampamento:

Caesar idoneum locum nactus quid quaque in parte geratur cognoscit;
laborantibus submittit ... nec iam arma nostris nec uires suppetunt.

Il momento era di cruciale importanza, per entrambi gli schieramenti,
e a nessuno sfuggiva quale fosse la posta in gioco nel combattimento:

Vtrisque ad animum occurrit unum esse illud tempus,
quod maxime contendi conueniat:
Galli, nisi perfregerint munitiones, de omni salute desperant;
Romani si rem obtinuerint, finem laborum omnium expectant
(VII, 85).

A questo punto dei combattimenti,
un ruolo decisivo svolge la pendenza del terreno sul quale i Galli si arrampicano,
armati di fascine ed ogni genere di armamentario
per colmare le trappole disseminate dai Romani e dare infine l’assalto alle mura:

Iniquum loci ad decliuitatem fastigium magnum habet momentum.
Alii tela coniciunt, alii testudine facta subeunt;
defatigatis in uicem integri succedunt.
Agger ab uniuersis in munitionem coniectus et ascensum dat
Gallis et ea quae in terra occultauerant Romani contegit.

Provvidenziale risulta allora l’intervento di Cesare, che invia il suo attendente Labieno
con uomini freschi là dove vi è bisogno e sembra che le difese possano cedere.
I Galli, forti del fatto di giocarsi in quel combattimento il tutto per tutto,
riescono a sfondare le fortificazioni in alcuni punti, dopo aver colmato i fossati:
Cesare, radunate infine un buon numero di coorti dai presidi vicini al luogo in cui i Galli hanno sfondato,
non solo attacca battaglia – quasi un corpo a corpo,
in cui i soldati hanno abbandonato archi e giavellotti (pilis)
per passare alle più pratiche spade corte (gladiis)
– contro questi ultimi e riesce a respingerli, ma passa poi al contrattacco,
mentre i nemici si danno alla fuga,
facendoli inseguire dalla cavalleria, che già tante volte in precedenti combattimenti
si era rivelata di inestimabile importanza strategica:

LA RESA DI VERCINGETORIGE


A questo punto ( VII, 88 ), i Galli perdono ogni speranza:
inseguiti dalla cavalleria romana, solo la stanchezza dei soldati di Cesare
– che avevano combattuto per tutto il giorno – li salva da un massacro
che avrebbe reso ancora peggiore e più crudele, se possibile,
la già evidente disfatta sul piano strategico:

Quod nisi crebris subsidiis ac totius diei labore milites essent defessi,
omnes hostium copiae deleri potuissent

( VII, 88 ). I Galli abbandonano le proprie posizioni e persino le proprie fortificazioni
per ritirarsi in tutta fretta; tuttavia la cavalleria di Cesare,
che si era gettata al loro inseguimento nel cuore della notte
riuscì a catturarne o ad ucciderne un numero cospicuo.

Ormai è la fine per i rivoltosi guidati da Vercingetorige:
quest’ultimo, con grande coraggio
– come del resto Cesare stesso ammette nei suoi Commentarii –
convoca l’assemblea dei suoi e ricorda loro che la responsabilità della guerra
e quindi del suo esito disastroso per il popolo tutto
deve ricadere sulle proprie spalle.
Rimette dunque all’assemblea la facoltà di ucciderlo
o consegnarlo a Cesare.
Cesare, ricevuti gli ambasciatori inviatigli dall’assemblea con queste proposte,
intima che gli vengano consegnati Vercingetorige e tutte le armi
( VII, 89 )

LIBER VII, LXXXIX
LIBRO VII, 89

Postero die Vercingetorix consilio convocato id bellum se suscepisse non suarum necessitatum, sed communis libertatis causa demonstrat, et quoniam sit fortunae cedendum, ad utramque rem se illis offerre, seu morte sua Romanis satifacere seu uiuum tradere uelint. Mittuntur de his rebus ad Caesarem legati. Iubet arma tradi, principes produci. Ipse in munitione pro castris consedit: eo duces producuntur; Vercingetorix deditur, arma proiciuntur. Reseruatis Haeduis atque Aruernis, si per eos ciuitates reciperare posset, ex reliquis captiuis toto exercitui capita singula praedae nomine distribuit.

Il giorno seguente, Vercingetorige convoca l'assemblea e spiega che quella guerra l'aveva intrapresa non per proprio interesse, ma per la
libertà comune. E giacché si doveva cedere alla sorte, si rimetteva ai Galli, pronto a qualsiasi loro decisione, sia che volessero ingraziarsi i Romani con la sua morte o che volessero consegnarlo vivo. A tale proposito viene inviata una legazione a Cesare, che esige la resa delle armi e la consegna dei capi dei vari popoli. Pone il suo seggio sulle fortificazioni, dinnanzi all'accampamento: qui gli vengono condotti i comandanti galli, Vercingetorige si arrende, le armi vengono gettate ai suoi piedi. A eccezione degli Edui e degli Arverni, tutelati nella
speranza di poter riguadagnare, tramite loro, le altre genti, Cesare distribuisce, a titolo di preda, i prigionieri dei rimanenti popoli a tutto
l'esercito, uno a testa.

Così, con la capitolazione della roccaforte di Alesia
a seguito dell’assedio mirabilmente condotto dalle legioni di Cesare,
si conclude la vicenda del valoroso e sfortunato Vercingetorige.


-Dora-
Pagina: 2/2

Pagina precedente Pagina precedente (1/2)


Note: BIBLIOGRAFIA

• Cesare, De bello Gallico, I grandi classici greci e latini, Fabbri editori
• G. Garbarino, Electa letteratura latina vol I Paravia editore
• Di Sacco, Serio, Odi et amo, letteratura latina vol I B. Mondadori editore
• A. Freudiani, Le grandi battaglie di Roma antica, Newton & Compton ed.2002/2003
• G. Zecchini, Vercingetorige, Laterza editore Roma-Bari 2002
• V. Kruta, I Celti , Bompiani, Milano 1991
• V. Kruta, L’Europa delle origini, Rizzoli, Milano 1993
ALESIA | Login/crea un profilo | 0 Commenti
I commenti sono di proprietà dei legittimi autori, che ne sono anche responsabili.






Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato
sotto una Licenza Creative Commons.

© Ynis Afallach Tuath, 2014/2015
Sito internet con aggiornamenti aperiodici, non rientrante nella categoria Prodotto Editoriale.
Nessuna parte di questo sito può essere riprodotta senza il permesso degli autori e senza citare la fonte.
Tutti i lavori pubblicati sono protetti dalla legge n. 633 e s.m.i. in tutela dei diritti d'autore.
Tutti i loghi e marchi in questo sito sono di proprietà dei rispettivi proprietari. I commenti sono di proprietà dei rispettivi autori.
Questo sito è stato creato con MaxDev, un sistema di gestione di portali scritto in PHP.
MD-Pro è un software libero rilasciato sotto la licenza GNU/GPL Visualizzate le nostre news usando il file backend.php
Il tema grafico è stato creato da Isobel Argante. Webmaster Nemea del Lago.

Powered by MD-Pro