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Ynis Afallach Tuath

IL CERVO
Venerdì, 22 Febbraio 2008 - 18:08 - 4103 Letture
In una delle foreste più magiche ed antiche d’Europa, giace silente una chiesetta.
Immersa nel bosco guarda passare gl’anni e custodisce gelosa uno dei simboli più preziosi dei celti.

E così, nella piccola dimora cristiana di Tréhorenteuc, in Broceliande,
troviamo uno splendido mosaico rappresentante un maestoso cervo bianco.
Tutto, dai suoi palchi che ciclicamente si rinnovano,
al suo candido manto così raro e prezioso, tutto ci richiama alla mente
una simbologia strettamente legata al paganesimo, simboli e allegorie
che il cristianesimo ha fatto proprie, e così, il cervo sacro a Lugh e alla Grande Madre,
è divenuto una rappresentazione di Cristo.
Le religioni nuove assumono in sé i simboli e i concetti di quelle più antiche,
ma è un bene, in questo modo almeno, si conserva ciò che altrimenti
sarebbe andato perduto nell’oblio dei secoli.
E allora il bianco cervo di Broceliande
ci narra ciò che un tempo, ormai remoto, le antiche popolazioni celtiche vedevano in lui,
Signore dei Boschi e della Rinascita, ciò che in lui scorgevano
ancora prima i popoli che precedettero i celti, e ciò che i cristiani
vollero conservare e tramandare, legandolo al Cristo e,
dunque, ancora una volta, alla Rinascita.

Sempre analizzando il mosaico, non possiamo non notare il manto candido della creatura.
Il bianco, solitamente unito al rosso,
è il colore che viene associato alle fate, alla magia, agli incanti.
E infatti i cervi nelle tradizioni celtiche,
venivano chiamati anche “tori delle Fate”, o “bestiame della Dea”.
Questo animale è strettamente connesso alla figura della Dea Madre
e ai culti della fertilità, ma, se per ora ci vogliamo soffermare sul cervo Bianco,
egli viene invece messo in relazione non con il principio femminile ma con quello maschile.
Diviene così un animale non lunare bensì solare,
che anticamente rappresentava il dio Lugh, il sole nascente,
le sue corna sono ora una stilizzazione dei raggi del sole.
La rinascita viene qui intesa come apprendimento e iniziazione,
come crescita del proprio essere e del proprio spirito.
La Rinascita portata ai cristiani da Cristo grazie al suo sacrificio (sacrificio rituale?).
Eccolo dunque a Tréhorenteuc, con una grande croce d’oro che gli pende sul petto,
antico retaggio forse dell’Albero della Vita, altro simbolo derivante dalle sue corna,
e sempre indicante la rinascita. Metafora per eccellenza di rinnovamento sono le sue corna appunto,
che di anno in anno perde e che, anno dopo anno, ricrescono più grandi e più forti,
ad indicare il perpetuo ripetersi dei corsi naturali,
del ciclo delle stagioni, del rinnovarsi della vita.
E tutto ciò non solo nella cultura celtica, ma il quella nordica in generale.
Così troviamo quattro cervi attorno ad Yggdrasil, l’albero della vita,
il frassino che rappresenta le sfere del Mondo.
Essi si nutrono di lui, e, precisamente, dei boccioli, ovvero le ore,
dei fiori – i giorni-, e dei rami, -le stagioni-.
In linea di massima al cervo vennero attribuiti molte altre caratteristiche.
E’ sicuramente un messaggero divino, un intermediario tra l’Altro Mondo e questo.
Nella tradizione gallese il cervo di Redynvre
è una delle più antiche creature del mondo,
ed ha proprio il compito di guida verso l’Altro Mondo.
Non a caso lo troviamo nei racconti mitologici gallesi raccolti sotto il nome di Mabinogion.
Qui, nel Primo Ramo, Pwyll, Principe del Dyfed,
si mette all’inseguimento di un cervo bianco durante una caccia.
L’animale lo conduce nel profondo della foresta,
e il giovane principe incontra Arawn, signore dell’Oltretomba, dell’Annwn.
Ancora, nel Quarto Ramo, Math trasforma uno dei nipoti in un cervo, ed infine,
nel Racconto di Culhwch e Olwen, Culhwch viene aiutato
nella caccia al magico cinghiale Twrch Trwyth,
da un cervo incantato con il quale egli riesce a comunicare.
Spesso in racconti di questo tipo gli appartenenti al Popolo dei Sidhe
si presentano agli umani sotto le mentite spoglie di cervi bianchi, anche se,
nel caso particolare del Primo ramo, probabilmente il cervo
non è che una rappresentazione dello spirito stesso di Pwyll.

Ancora, il cervo è presente pure nel primo verso della Canzone di Amergin
(io sono cervo dai sette palchi –sette, numero legato alla perfezione),
un antico canto che si narri essere capace di indurre
stati di coscienza alterati se cantato in un determinato modo.
Leggendariamente questa composizione sarebbe stata intonata dal capo bardo
degli invasori milesi appena sbarcati in Irlanda nel 1268 a. C.
(da La Dea Bianca di Robert Graves), ed è solo la versione irlandese
ad esserci pervenuta, purtroppo dell’originale in goidelico non v’è più traccia.
L’analisi che si fa del verso di questa canzone
è davvero assai complessa, ma, tirando le somme, il noto mitografo
sostiene che assai probabilmente, nell’Età del Bronzo,
cervo e toro venissero equiparati e fossero sacri alla Dea Madre.
Spesso come abbiamo già detto, il cervo non è che la rappresentazione
dell’anima del protagonista di uno di tali racconti epici.
Da ciò ci possiamo riallacciare ad un altro importantissimo simbolismo ad esso legato:
la fertilità, la sovranità, la sacralità.
Ad avvalorare questo legame con la fertilità abbiamo
la splendida incisione su parete rocciosa di Nequane, (VII secolo a.C),
nella quale viene ritratto un cacciatore con pene eretto
accompagnato da una creatura per metà uomo e per metà cervo.
Nel pantheon celtico troviamo anche un dio cervo, Cernunnos,
la cui rappresentazione più famosa lo vede seduto a gambe incrociate circondato da molti animali,
con grandi corna di cervo, e con in una mano un torque,
elemento che rappresenta senza ombra di dubbio la sovranità.
Accanto a lui un cervo.
Il Re Cervo, il Dio Cervo, che ciclicamente viene sacrificato
alla Dea madre per assicurare la fertilità alla terra è un elemento mitologico
assai diffuso in molte diverse culture.
Lo ritroviamo ad esempio, nel mito greco di Atteone.
Il giovane spiò la splendida Artemide mentre
questa si bagnava nuda in una fonte, ella lo punì.
Lo trasformò in un cervo e lo fece inseguire,
braccare e divorare dai suoi cinquanta cani.
In ultima analisi, non possiamo non sottolineare
l’aspetto di dio sciamano legato a Cernunnos, dio cervo gallico per eccellenza.
Già solo la sua postura nella nota rappresentazione sul calderone
di Gundestrup (I secolo a.C.), ci parla di sciamanesimo e totemismo,
egli è infatti seduto a gambe incrociate e schiena eretta.
Non a caso il cervo, così come anche l’orso, il toro o il cavallo,
è sempre stato un importante animale totemico.
Anche nella nostra vicina Val Canonica, troviamo dipinti rupestri
raffiguranti un uomo con palchi di cervo sul capo.
Probabilmente dipinti che avevano lo scopo di favorirne la caccia
e che rappresentavano forse un sacerdote, uno sciamano.
Non solo, egli è spesso rappresentato all’interno di un cerchio formato
da persone in preghiera, o forse danzatori, e le sue corna vengono incise
insieme al disco solare, denotando quindi un valore altissimo attribuito
da quelle popolazioni all’animale.
Sempre tenendo in considerazione i rinvenimenti archeologici in circuiti celtici,
scopriamo anche come fosse forte la presenza del cervo nell’ambito ritualistico.
Cito testualmente dal Dizionario di Mitologia celtica di Miranda Green:
“ A San Bertrand (Vandea) una fossa rituale conteneva un cipresso,
delle corna di cervo e le figurine di una dea,
mentre il corpo di un guerriero gallico dell’Età del Ferro
venne sepolto in una fossa a villeneuve-Renneville,
in compagnia di un cervo addomesticato, munito di morso.
(…)

A Wasperton (Warwickshire) è documentato un complesso rituale:
la superficie inferiore di una pietra all’interno di un pozzo reca l’iscrizione “feliciter”,
e sulla faccia superiore, sotto uno strato di materiale bruciato,
due paia di corna di cervo integre appaiono ancora attaccate
a frammenti di ossa del cranio.
Le corna erano state posizionate in modo da formare un quadrato
all’interno del quale era stato acceso un fuoco”.
Un animale dunque, in conclusione, dotato di un immenso valore simbolico,
tramandato di fede in fede. Un valore che gli deriva assai probabilmente
proprio dalle sue stesse peculiarità sia caratteriali che fisiche.


Argante
-Arc'Hant Afallon Alarch-
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