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Ynis Afallach Tuath |
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Tracce celtiche nella stregoneria italiana ed europea |
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Domenica, 18 Gennaio 2009 - 14:00 - 10453 Letture |
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"Non bisogna tacere che certe donne scellerate, divenute seguaci di Satana, sedotte dalle fantastiche illusioni dei demoni, sostengono di cavalcare sopra certe bestie insieme a Diana, dea dei pagani, e a una grande moltitudine di donne; di percorrere grandi distanze nel silenzio della notte profonda; di obbedire agli ordini della dea come se fosse la loro signora; di essere chiamate in determinate notti a servirla".
- Così recitava un testo inserito verso il 906 da Reginone di Prüm in una raccolta di istruzioni riservate ai vescovi e ai loro rappresentanti.
E’ un’immagine che ritorna spesso in più racconti e testimonianze sparse per l’Europa. Le donne inquisite testimoniano di partecipare a voli notturni a cavallo di animali per raggiungere il luogo del sabba, il luogo dove la Dea insegna ai suoi fedeli i segreti delle arti magiche. Il nome della Signora ha diverse varianti. Gli inquisitori parlano di Diana o Erodiade, le donne raccontano di Bensozia, Richella, Holda, Abundia. Nel Canavese, in Val di Fiemme, a Ferrara e nei dintorni di Modena si parla della “donna del bon zogo”, in Lombardia si parla della Signora del gioco, la dona del zöch. Diverse leggende del nord Italia parlano di questa figura come di una donna ammaliante, misteriosa, dai poteri sovrannaturali, capace di insegnare le arti magiche e il linguaggio segreto degli animali ai suoi discepoli (quasi sempre donne). E’ molto interessante notare come nel bresciano – e in molti altri luoghi - questa figura venga rappresentata come una donna magica che, al calar della notte, riunisce intorno a sé, in luoghi naturali e appartati, streghe, animali ed esseri luminosi che lei conduce in allegre corse su e giù per le montagne. Ritorna l’immagine della Dea che conduce streghe ed esseri fatati in volo nella notte. Come non riconoscere in tutto questo l’immagine della Caccia Selvaggia tanto cara alla mitologica celtica? Nel folklore gallese Arawn guida la caccia selvaggia in cielo insieme ai suoi cani da caccia, spiriti dell'Annwn, i Cŵn Annwn, grossi segugi dal pelo bianco e dalle orecchie rosse.
Arawn e i suoi cani fatati
In tutta l’Italia del nord, in Svizzera e nei paesi tedeschi, sono presenti leggende che parlano delle urla, dei canti, delle risate e dei latrati portati dal vento che accompagnano la magica corsa che attraversa di notte vallate e boschi alla ricerca di anime da rapire. Nel nord Italia la Kasa Selvadega è spesso guidata da un cavaliere scuro, a volte guercio o dagli occhi fiammeggianti. In Trentino invece si diceva che la Caccia fosse guidata da brune Amazzoni a cavallo di focosi destrieri che conducevano nel cielo notturno schiere di esseri fatati. Carlo Ginzburg, nel suo libro “Storia Notturna, una decifrazione del sabba”, sottolinea come dall’XI secolo in poi compaiano diversi testi letterari in latino e in volgare, provenienti da varie parti d’Europa, che parlano di questa caccia selvaggia - con a capo personaggi come Odino e Artù - in cui viene riconosciuta la schiera dei morti. L’autore mette in evidenza come questo elemento getti luce sulla natura del sabba come viaggio verso l’aldilà, come viaggio estatico verso realtà che vanno oltre il visibile.
The Riders of the Sidhe, John Duncan
Ginzburg fa emergere anche un altro elemento che ritengo illuminante: abbiamo un culto estatico legato ad una divinità femminile praticato in grandissima maggioranza da donne, l’immagine di una cavalcata notturna verso mondi al confine tra la vita e l’aldilà e un’unità di contenuti che accomunano zone apparentemente eterogenee come la Renania, la Francia, l’arco alpino, la pianura padana, la Scozia e la Romania - terre in realtà legate dal fatto di essere state abitate per centinaia di anni dai celti. Ginzburg vede quindi nella Diana romana, dea dei pagani, di cui parlano gli inquisitori (mitologicamente estranea al concetto di cavalcata notturna), un’Epona celtica, dea dei cavalli associata al viaggio mortuario, il cui culto era molto forte e presente nelle terre appena citate. Epona era spesso raffigurata con una cornucopia, rivelandosi quindi una dea dispensatrice di ricchezze, cibo e buona fortuna. Tutti elementi che accompagnano le figure di Abundia, Richella, Bensozia, le Signore del Gioco citate dalle streghe interrogate.
Epona
Ma ad Epona si collegano altre divinità celtiche tipiche delle terre di cui abbiamo parlato, ossia le Matres. Ad esse sono state dedicate una grande quantità di iscrizioni rinvenute nel basso Reno, in Francia, in Inghilterra e nell’Italia Settentrionale. Assieme alle iscrizioni, sono stati rinvenuti bassorilievi che rappresentano queste Matres come tre donne sedute che, come Epona, esibivano simboli di prosperità e fertilità: una cornucopia, un cesto di frutta, un bambino in fasce. Le iscrizioni fanno spesso riferimenti a contatti diretti con le divinità, facendo così pensare ad un culto di natura estatica. Come Epona, queste dee erano protettrici delle partorienti e legate al mondo dei morti, tanto che a volte vengono associate alle Parche. Divinità quindi legate al fato, concetto che ci rimanda alla parola “Fate”.
Le Matres
Durante una serie di processi tenuti nel 1390 a Milano, Pierina e Sibillia (messe al rogo in piazza Sant' Eustorgio a Milano nell’estate del 1390) raccontano di come si recassero ogni giovedì notte da Madonna Oriente e la sua società. Oriente rispondeva al loro saluto dicendo: “State bene, buona gente”. Oriente e la sua società andavano in giro per le case dei ricchi dove mangiavano e bevevano e se trovavano delle case ben spazzate e ordinate, si rallegravano e Oriente le benediceva. Ai membri della società Oriente insegnava le virtù delle erbe, rimedi per curare le malattie, il modo di trovare le cose rubate e di sciogliere i malefizi. Le anziane di val di Fassa si rivolgevano a Richella chiamandola “Buona Signora”, in val di Fiemme la dea notturna era detta “la donna del bon zogo”, nel comasco il sabba veniva chiamato dai suoi adepti “il gioco della buona società”. “Buona gente” o “buoni vicini” erano in Scozia e in Irlanda le Fate. Tra la fine del ‘500 e la fine del ‘600, diverse donne in Scozia dichiararono di essersi recate in spirito dalle fate – la buona gente, i buoni vicini - e dalla loro regina, talvolta affiancata da un re. Numerose sono le leggende di quelle terre che raccontano di uomini e donne rapiti dalle fate per effettuare voli notturni tra valli e montagne, fino a giungere in case di ricchi signori dove si beveva e si mangiava. Se le dimore erano pulite e ordinate, le fate le benedicevano. Nell’aggettivo ricorrente “buono”, si coglie una sfumatura propiziatoria. Ecate, la dea greca funebre legata alla magia, veniva chiamata “placida”, “bona dea”. Persino a Giovanna D’Arco i giudici di Rouen avevano chiesto (il 18 marzo del 1430) se sapeva qualcosa di coloro che “andavano per aria con le fate”. Giovanna rispose che non aveva mai fatto niente del genere ma sapeva che ciò avveniva di giovedì e che si trattava solo di un sortilegio (sorcerie). Il villaggio da cui proveniva Giovanna era un luogo piuttosto particolare: per secoli ai figli del borgo era stato assegnato il cognome della madre e non del padre. Si diceva che la madrina di Giovanna avesse rapporti con le fate che abitavano nei dintorni e si diceva che il signore di Bourlemont, uno dei maggiori proprietari terrieri del villaggio, fosse sposato con una graziosa Fairy Lady. Secondo alcune teorie, la stessa Giovanna avrebbe fatto parte di una congrega dedita alla religione delle fate.
Fairies of the Meadow, Nils Blommer
Ma, tornando in Italia, impressionanti sono le analogie tra i racconti scozzesi, irlandesi e del nord Italia e alcune testimonianze raccolte in Sicilia a partire dalla seconda metà del ‘500. Diverse donne affermavano di incontrarsi periodicamente con misteriosi esseri femminili: le “donne de fuora”, le donne di fuori. Con loro andavano a banchettare in castelli remoti o sui prati. Queste magiche donne erano riccamente vestite ma avevano zampe di gatto o zoccoli equini. Al centro delle loro compagnie c’era una divinità femminile dai molti nomi: la Matrona, la Maestra, la Signora Greca, la Sapiente Sibilla, la Regina, talvolta accompagnata da un re – delle Fate. Ai suoi seguaci, la Signora insegnava a curare i malefici. Il favore riservato dalle donne di fuori alle case ben spazzate ci rimanda alle buone signore, le fate, le seguaci di Oriente.
E’ interessante notare la sorprendente presenza in Sicilia di tradizioni legate alla Morgana arturiana. I miraggi che si vedono nello stretto di Messina vengono chiamati “fata Morgana” e l’associazione di Morgana con la Sicilia e in particolare l’Etna è già registrata in alcuni antichi poemi francesi e provenzali.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato un collegamento tra la figura di Morgana, derivante dalla celtica Morrigan - dea della guerra, della morte e delle profezie - con una grande dea mediterranea pre-greca che avrebbe ispirato anche figure di celebri maghe come Circe e Medea.
La Belle Dame Sans Merci, Henry Maynell Rheam
La dea Morrigan, strettamente associata al corvo (così come Morgana), ha forti connessione con la dea-uccello del Neolitico ed è associata sia alla morte che alla rigenerazione. Proprio come la dea-uccello, legata all’umidità che dà la vita, la dea Morrigan è guardiana delle fonti e dei corsi d’acqua presso i quali appare nelle vesti di “lavandaia del guado”. In questa forma la dea appare ai soldati mentre lava le armi e le armature di coloro che sono destinati a perire in battaglia. La dea Morrigan appare quindi come colei che lava le nostre ferite, il nostro sangue e la nostra anima per prepararla alla rigenerazione. Lei è colei che ci sfida e che ci inizia a nuove avventure, nuove consapevolezze.
Nel bergamasco sono presenti diverse leggende che parlano della Signora del Gioco come lavandaia fatata. La Dona del zöch poteva essere incontrata presso le fonti mentre era intenta a lavare. Non appena si accorgeva di essere osservata, diventava in un attimo di dimensioni gigantesche terrorizzando a morte lo sfortunato osservatore.
A Serina, nel bergamasco, la Signora del gioco aveva le sembianze di una lavandaia e a coloro che le passavano vicino faceva una curiosa domanda: “Per chi è la notte?”. Solo se si rispondeva: “ Per me, per te, per tutti quelli che non possono andare in giro di giorno” si poteva passare illesi. Chi invece forniva una risposta sbagliata veniva violentemente colpito allo stomaco dai panni che ella stava lavando, mentre la strega in un baleno scompariva nel bosco.
Abbiamo visto come ci sia un potente filo conduttore che lega donne di paesi ed epoche diverse, fate, streghe, sagge, dee. Donne unite da antiche sapienze, sogni, gesti e legami con l’antica Madre, con un mondo nascosto e incomprensibile agli occhi degli Inquisitori, spiegabile solo introducendo la presenza del Diavolo, del peccato, delle nefandezze più ignobili che la loro mente potesse partorire.
Abbiamo visto come tante leggende, racconti e gesti delle nostre terre affondino le radici in tempi remoti, in una religione antica, in tradizioni spesso legate alla mitologia e al folklore celtico. Per citare l’autrice Vanna De Angelis, abbiamo raccontato alcune storie di “donne che nacquero fate e morirono amanti del diavolo”. Donne che dovremmo sempre ricordare e che ancora vivono nei nostri cuori, nel nostro orgoglio, nei nostri gesti.
Note: Bibliografia:
“Le Streghe” di Vanna De Angelis, Piemme Pocket
“Storia Notturna – Una decifrazione del sabba” di Carlo Ginzburg, Biblioteca Einaudi
“Simboli e riti delle donne celtiche” di Sarah Perini, Psiche2
“Entità fatate della Padania” di Alberta Dalbosco e Carla Brughi, Edizioni della Terra di Mezzo
“La Signora del Gioco” di Luisa Muraro, La Tartaruga Editori
“I Miti Celtici” di T.W. Rolleston, Tea
“I Mabinogion” di Evangeline Walton, Tea Due
“The Llewellyn Tarot Companion” di Marie Ferguson, Llewellyn
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Tracce celtiche nella stregoneria italiana ed europea | Login/crea un profilo | 3 Commenti |
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Re: Tracce celtiche nella stregoneria italiana ed europea
(Punti: 1)
da Argante (isiabbi@hotmail.com)
18 Gen 2009 - 14:05 (Info utente | Invia il messaggio)
http://)
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Splendido Elb! Grazie mille! uesta sezione ha sempre bisogno del vostro apporto (beh... anche tutte le altre,hihiihi).
Un baciulin!
Arghi
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Re: Tracce celtiche nella stregoneria italiana ed europea
(Punti: 1)
da fairymoon 19 Gen 2009 - 09:08 (Info utente | Invia il messaggio)
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un lavoro splendido, mi riempie il cuore di gioia... mi sembra di poter ancora percepire quel legame che di donna in donna passava attraverso i secoli, le sofferenze, la segretezza... Grazie! ^^
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